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Rinoceronti, abbiamo un problema

Rinoceronti, abbiamo un problemaWorld Rhino Day a Nairobi, in Kenya – Xinhua

Intervista Parla il direttore del Kruger Park, la più grande riserva naturale sudafricana, che vanta la massima concentrazione degli animali più amati dai bracconieri. Lo scorso anno ne sono stati uccisi illegalmente almeno 1054 esemplari. «È un massacro»

Pubblicato quasi 7 anni faEdizione del 25 ottobre 2017
Marco SimoncelliShukuza (Sudafrica)

«Sento una grande responsabilità sulle spalle… Però è una fantastica responsabilità. Un onore che pochi hanno l’opportunità di avere, ma che non ti rende la vita facile. C’è molta pressione per via delle aspettative del tuo paese e internazionali. Stai gestendo qualcosa che appartiene a tutto il mondo e alla quale tutto i mondo tiene».

Glenn Phillips si accarezza la barba mentre parla da dietro la scrivania del suo ufficio all’interno dello Skukuza Rest Camp. È il direttore del Kruger National Park. Non un parco qualsiasi, ma la più grande riserva naturale del Sudafrica e una delle più importanti del continente africano, che si trova a dover fronteggiare una escalation di episodi di caccia di frodo e traffico illegale di animali selvatici.

Nonostante l’impiego di ranger e di sistemi di sicurezza, lo scorso anno sono stati uccisi illegalmente almeno 1054 esemplari di rinoceronte, uno dei big five, insieme a leoni, leopardi, elefanti e bufali, presenti nel parco. Il Kruger è un bersaglio ideale perché confina a est con il Mozambico, da dove i trafficanti fanno passare la merce diretta verso l’Asia.

Per tutto questo Phillips unisce alla normale attività di conservazione naturale quella di antibracconaggio più affine al capo di una forza di sicurezza.

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La foto con cui Brett Stirton è stato eletto Wildlife Photographer of the Year 2017 (foto di Brent Stirton/PA Wire)

Lo scorso 22 settembre si è svolto il World Rhino Day, incoraggiato dall’interesse da parte dell’opinione pubblica. Come sta andando la lotta alla caccia e al traffico di specie protette?

Ci tengo a sottolineare che, malgrado le numerose morti, i rinoceronti non si stanno estinguendo all’interno del Kruger. Ci sono molte persone però che stanno diffondendo il messaggio contrario. Alcune Ong sembrano esser state create apposta per cavalcare l’onda emotiva. Raccolgono molti soldi per la lotta al bracconaggio, ma noi vediamo poco di quel denaro. Dove finiscono le donazioni? Detto questo siamo realisti e diciamo che il problema c’è ed è serio. Abbiamo un grosso bisogno di fondi per combattere le rete criminale che è sempre più potente ed efficace. Nel 2011 il Kruger stanziava 15 milioni di rand all’anno (circa un milione di euro, ndr), oggi ne servono 217 milioni (oltre 14 milioni di euro, ndr). Attualmente abbiamo personale, equipaggiamento, tecnologie per il monitoraggio e perfino quattro elicotteri, che sono molto costosi. Siamo costretti a togliere fondi da altri programmi che sarebbero importanti come la conservazione e il mantenimento delle strutture.

Ormai entrano anche travestiti da turisti. Si muovono veloci in gruppi di tre: uno spara con un fucile, l’altro taglia il corno e il terzo lo trasporta facilmente in uno zaino

Come sta andando? Ci sono dei risultati?

Vuole dire se stiamo vincendo? Si, stiamo vincendo. Da quando abbiamo iniziato il nuovo programma, il picco più alto è stato di 827 uccisioni di rinoceronti, quest’anno pensiamo di perderne poco più di 500. Si vede un lento miglioramento, anche se le perdite sono comunque molte.

Qual è il modus operandi dei bracconieri? E quali sono le tecniche utilizzate per eludere i controlli?

Si evolvono continuamente inventando sempre nuovi modi. Di solito si intrufolano a piedi dal lato mozambicano, ma di recente abbiamo dovuto installare degli scanner ai cancelli perché i bracconieri hanno iniziato ad entrare travestiti da turisti. Si muovono velocemente in gruppi di tre persone: uno spara con un fucile, l’altro taglia la parte che interessa dell’animale e il terzo la trasporta. Un corno di rinoceronte si trasporta facilmente in uno zaino. Spesso e volentieri l’animale non muore sul colpo. Il corno gli viene asportato quando è ancora cosciente e poi viene lasciato in agonia per ore. È un massacro.

Qual è la rotta usata dal traffico per far uscire la refurtiva dal continente?

È il porto di Maputo, senza dubbio. Secondo l’Environment Investigation Agency (EIA) tra il 2010 e il 2016 da lì sarebbero stati trafficati 797 kg di corni con un valore stimato di 80 milioni di dollari. Laggiù è in funzione un sistema gestito dalla criminalità organizzata internazionale. I mozambicani sono la manodopera di chi gestisce la caccia di frodo, per lo più sudafricani. In un paese povero basta metter su un buon sistema corruttivo per far superare qualsiasi tipo di controllo.

Il bracconaggio appare più fertile laddove le comunità vicine alle riserve vivono in condizioni socio-economiche difficili. Qual è il contesto che lei osserva attorno al Kruger?

Ci sono due milioni di persone che vivono nelle comunità limitrofe al Parco. In media il 50% è disoccupato, arrivando a picchi del 90%. Non possiamo assumere tutti nella riserva, ma comunque dobbiamo lavorare anche con loro perché la caccia di frodo resta una grande tentazione. Le reti sono le stesse che si occupano di traffico di stupefacenti, armi o esseri umani. Se non batti il resto è difficile sconfiggere il bracconaggio. La battaglia va vinta anche fuori dal parco. Prevenire il reclutamento bisogna far applicare la legge fuori.

Nonostante le grandi reti criminali, ci sono progressi?

Collaboriamo con i mozambicani e la giustizia sudafricana ha inasprito le pene. Quest’anno ci sono state quattro sentenze a più di 15 anni e abbiamo contato più di 175 arresti nel parco. Quindi direi di si, ma non si deve allentare la presa. Finché il prezzo dei prodotti resta così elevato c’è poco da fare. Sul mercato nero sudafricano il corno di rinoceronte bianco può valere fino a 65 mila dollari al chilo, ma in quelli asiatici il prezzo supera quello della cocaina. È difficile combattere tradizioni così radicate come quelle del sud est asiatico. La polvere che ne ricavano è utilizzata come ingrediente di cure per il cancro, l’impotenza, l’influenza o semplicemente i postumi da sbornia. Non c’è alcun fondamento medico-scientifico a tutto questo, visto che il corno è composto di cheratina, la stessa sostanza di cui sono fatte le nostre unghie o i nostri capelli.

Il sudafricano John Hume, il maggiore allevatore di rinoceronti al mondo, ha vinto la battaglia legale per vendere i corni legalmente attraverso un’asta virtuale. Dato che il corno del rinoceronte ricresce se gli viene dato il tempo necessario, lui sostiene di poterlo prelevare senza far del male agli animali. Hume è convinto che il commercio legale saturerebbe il mercato ostacolando così bracconaggio e traffico illegale. Lei cosa ne pensa?

Penso che abbiamo provato diverse alternative in questa battaglia ma senza avere successo, quindi dobbiamo iniziare a considerare anche questa strada come opzione… Se oggi devo spendere centinaia di milioni di rand per proteggere solo i rinoceronti, poi cosa mi resterà per le altre specie in pericolo?

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Glenn Phillips (foto Marco Simoncelli)

(Squilla il telefono sul mobile posto sotto la mappa del Kruger appesa al muro. Phillips risponde, ascolta e annuisce. Poi sospira, chiude la chiamata ed esclama: «Mi spiace ma devo andare. Un problema al Pafuri Gate. Speriamo non si tratti di quello di cui stavamo parlando…»).

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