Danilo Selvaggi

Con Primavera silenziosa, il leggendario libro del 1962 nato per denunciare l’uso abnorme dei pesticidi chimici e i suoi effetti velenosi sulla natura, Rachel Carson è assurta a fondatrice dell’ambientalismo moderno. Da quell’opera partì una sequenza di eventi normativi e culturali che hanno realmente cambiato la storia, avviando un percorso all’insegna di una nuova attenzione per la Terra. Il patto con la natura, lo chiamerà Rachel Carson. Tuttavia, prima ancora di essere la donna che ha fatto bandire il Ddt, o la scienziata che ha spiegato la natura ecologica, relazionale della vita, o l’attivista che ha dato origine alle politiche ambientali, Rachel Carson è stata una scrittrice di enorme talento. Gran parte del suo successo lo si deve proprio a questa dote e al suo porsi al servizio della causa della natura.

SCRIVERE DI NATURA: lei lo farà soprattutto raccontando il mare e gli uccelli, i suoi due grandi amori naturalistici, con la capacità di portarci nel bosco all’alba ad ascoltare le silvie e i pettirossi, o accompagnarci su una spiaggia notturna appena dopo la tempesta, quando l’aria è pregna di mare e un brulicare di vite segrete anima la sabbia. Chi vive queste esperienze, di persona, è fortunato. Per tutti gli altri c’è la letteratura. Che ha una funzione estetica, di innesco della meraviglia e ricreazione profonda, e una funzione etica, di innesco della coscienza e convinzione profonda. Di apertura dello sguardo verso qualcosa che non vediamo ancora.

«LA SCRITTURA NATURALISTICA – dirà Rachel Carson nel 1952 al ricevimento della medaglia John Burroughs per la letteratura naturalistica – è una forza operante per una civiltà migliore, la quale spinge a concentrare l’attenzione sulle meraviglie di un mondo che, pur essendo intorno a noi, ogni giorno, è noto a pochissimi». Aggiungendo: «Il genere umano ha cercato di isolarsi, nelle sue città di acciaio e cemento, dalle realtà della terra, dell’acqua e del seme che germoglia. È ragionevole credere che più riusciremo a concentrare l’attenzione su meraviglie e realtà dell’universo intorno a noi, meno saremo propensi a distruggere». Se dunque il mondo è un teatro di varietà e bellezza, e ciononostante noi, pur stando nel mondo, non riusciamo a vederlo, lo scopo della letteratura ambientale è quello di rimetterci al mondo, arricchendo la vita di senso, incluso il senso dell’urgenza per i problemi che stiamo creando.

È IN QUESTA OTTICA CHE VA COLTA la particolarità del tema della meraviglia sviluppato da Rachel Carson. Non una fuga dalla realtà e il rifugio in un regno fatato ma, al contrario, un cimentarsi con le grandi questioni del presente. Quando, nel 1958, dopo il successo dei libri sul mare, Rachel Carson decide di dedicarsi alla questione del Ddt, di cui ha scoperto l’effetto letale specialmente sugli uccelli (gli uccelli sono scomparsi dalle campagne americane, invase della chimica, e le primavere sono diventate silenziose), l’amica Dorothty Freeman si oppone. Tu – le dice l’amica – devi scrivere di bellezza, di meraviglia, e non di tematiche cupe. In effetti, Rachel Carson aveva in progetto proprio un libro sul senso di meraviglia, anticipato da un saggio dal titolo Help Your Child to Wonder in cui raccontava le affascinanti esperienze in natura con il nipotino Roger, anche memore delle sue stesse esperienze in natura con la madre Maria. E però, non si può godere di alcuna bellezza se la bellezza è distrutta. «So che non sei felice del mio progetto – replicherà Rachel – e che senti già le spiacevolezze che lo accompagneranno. Ma io penso che tu capisca come non ci sarebbe pace, per me, se restassi in silenzio. L’opportunità di parlare a molte migliaia di persone di qualcosa di così importante è un privilegio e un dovere». Insomma, un amore spensierato per la natura non è più possibile, scriverà Rachel citando la scrittrice Lois Crisler. Il tempo presente è il tempo del rischio, e a questo compito – avvertire del rischio, darsi pensiero, persuadere sulla strada da cambiare – non possiamo più sottrarci. La letteratura della natura deve farsi anche impresa politica.

QUI SI INNESCA UN’ALTRA GRANDE questione tirata in ballo dalla biologa di Springdale: il rapporto tra letteratura e scienza. Per Rachel Carson, tra letteratura e scienza non c’è alcuna barriera insormontabile ma un rapporto essenziale. Porre letteratura e scienza in opposizione equivale a legittimare quella dicotomia che, variamente declinata (natura contro tecnica, poetica contro politica, desiderio contro realtà, romanticismo contro illuminismo), rappresenta uno dei caratteri più negativi del mondo moderno, una sorta di cattiva modernità. La cattiva modernità è esattamente la separazione della vita in due e l’obbligo di scegliere: o il rigore (della scienza) o l’emozione (della letteratura).

RACHEL CARSON SI SOTTRAE a questo aut-aut. Più che disconoscere le differenze tra le due culture, che esistono, rifiuta la separazione, ritenendo la sola scienza o la sola poesia incapaci di cogliere e rappresentare il mondo. Il mondo non è diviso in due ma è un continuum nel quale siamo immersi. Essere nel mondo significa godere dei suoi beni materiali così come sviluppare pensieri, valori, significati, relazioni, sentimenti, sogni. Cimentarsi con le grandi questioni dell’esistenza. Conoscere e interrogarsi. «Nessuno potrebbe scrivere in modo autentico sul mare – dirà in un’altra conferenza-premio, quella per il National Book Award – e lasciare fuori la poesia». Al tempo stesso nessuno può guardare alla natura con la sola lente poetica, ignorandone dati, regole, limiti. Nell’uno o nell’altro caso avremmo problemi seri.

SE LA CATTIVA MODERNITÀ STA dividendo la realtà dal suo senso, il compito che Rachel Carson assegna alla letteratura è porre rimedio. Ricongiungere ciò che è diviso. Rimetterci al mondo, una seconda volta, facendoci questa volta comprendere, nella rinascita consapevole, cosa il mondo sia davvero e cosa significhi conoscerlo, abitarlo, amarlo, averne cura.