Sono pochi i cataloghi recenti sui disegni di ornato – non sono sicuro che oggi i non specialisti sappiano a cosa mi riferisco giacché quella definizione è piuttosto antiquata anche se in francese si continua ad adoperare il termine dessin d’ornement mentre il volume che qui recensiamo si riferisce ai design drawings o almeno così li chiama uno dei più acuti storici dell’arte della nostra epoca, l’olandese Rainier Baarsen, che ne è curatore: Process Design Drawings from the Rijksmuseum 1500-1900 (pp. 404, ill. 365 col. + 3 b/n, euro 74,95, nai010 publishers, Rotterdam), anche il titolo della mostra corrispettiva, Amsterdam 2022-’23.

Si parla di una raccolta formatasi negli ultimi anni con l’intenzione di arricchire quel famoso istituto di opere che fino ad allora non entravano nell’interesse del museo. Il volume è composto da duecento schede molto ben circostanziate: detto così non sembra impresa di grande momento, ma aver formato un nuovo genere per la storia dell’arte europea fra Cinque e Settecento (soprattutto) non è impresa banale, specialmente se accompagnata da eccellenti illustrazioni e da un’attenta bibliografia.

D’altra parte non è la prima volta che gli studiosi olandesi si distinguono in questo particolare tipo di ricerca. Anzi, hanno forse fatto meglio degli altri, e inoltre sono stati tra i primi a farlo. Il fondatore di questi studi è stato il venerabile Frits Lugt – viene da chiamarlo così, col titolo che si dà a un santo uomo dato che fu lui stesso a finanziare l’immensa quantità di lavoro che poté portare a termine. Sono lavori che nonostante Lugt (1884-1970) sia scomparso da molti anni restano di estrema utilità e continuo uso. Parlo del Répertoire des catalogues de ventes publiques intéressant l’art ou la curiosité, del 1938, e dell’ancor più importante Les marques de collections de dessins et d’estampes, che consiste nella riproduzione di centinaia di quei piccoli marchi che contraddistinguono i disegni in una data raccolta o biblioteca.

Come spesso sono gli olandesi Lugt era un uomo completamente internazionale e non a caso fondò a Parigi in un antico hôtel particulier l’Insitut Néerlandais, al quale si unì non molto dopo la sua Fondation Custodia (che ha ospitato la mostra nel febbraio-marzo del ’23), dedicata con grande giudizio a questi studi e alla disamina minuziosa di ogni singolo quadro, di ogni singolo pezzo di carta utilizzato dal maggiore pittore del nord, Rembrandt, sia esso disegno o stampa: è stato proprio Lugt a essere considerato l’ultimo e vero discendente del grande collezionista dei lavori in carta, Mariette, eccezionale storico dell’arte francese (e non lo dimentichiamo, grande ammiratore dell’arte italiana), ciò che spiega anche perché gli olandesi hanno un grande centro di storia dell’arte a Parigi.

Io sono stato fra coloro in grande debito con quella istituzione nei lunghi anni che trascorsi a Parigi. Conobbi prima il «venerabile», poi il suo successore Carlos van Hasselt, anche lui studioso di classe, abile a scrivere e pensare in diverse lingue così come ad intendere non poche espressioni artistiche: fu lui, per esempio, ad acquistare per l’Istituto una formidabile raccolta di arte indiana che conta alcune delle più belle miniature mogol note.

L’interesse per le pietre dure portato alla sua massima espressione nella Galleria dei lavori medicei divenne una vera e propria ossessione per i conoscitori inglesi che fra Sei e Ottocento acquistarono dei capolavori per le loro raccolte. Fra questi eroi del gusto per l’arte italiana va citato Sir Andrew Fountaine, al quale appartenne uno dei più importanti disegni del catalogo di Baarsen di cui parliamo. Si tratta di un foglio squisito di Giovanni Battista Foggini: un cofano in ebano, bronzo dorato e pietre dure che costituisce un vero portastendardo del lusso fiorentino. Se Foggini, assieme a Massimiliano Soldani, incarnano l’ornato fiorentino, Baarsen condivide l’idea che sia la dinastia dei Valadier, fondata dall’orafo francese Andrea, continuata dal figlio Luigi, e poi dal nipote Giuseppe, più architetto che orafo, ad occupare il centro artistico più vitale di Roma lungo un secolo, dal gusto rococò al tardo neoclassicismo. Toccò a Luigi Valadier essere uno dei più delicati artisti dell’epoca dosando genialmente gli apporti di Parigi e di Roma.
Nel catalogo di Amsterdam si pensa anche alle altre capitali europee: come non ricordare lo spettacolare lampadario di Dugourc in un foglio datato 1784 che si intendeva realizzare in bronzo, porcellana e cristallo per un committente russo. Non meno sorprendente il disegno con un trionfo da tavola che doveva essere eseguito in vetro: per quanto rapisca l’anima come uno Stefano Della Bella a nessuno è riuscito di scoprire il nome del disegnatore. Il foglio è, credo, irrealizzabile nella sua inaudita trasparenza azzurra. E qui consiglio a chi voglia sapere di più sulla storia del vetro a Firenze il volume senza pari di Detlef Heikamp, Studien zur Mediceischen Glaskunst, Firenze 1986.