È iniziato lunedì a Brasilia e proseguirà fino al 28 aprile l’Acampamento Terra Livre. Edizione numero 19, la prima dopo la caduta del governo genocida di Bolsonaro, che non solo ha decimato vite indigene attraverso un piano di astensione dell’intervento per arrestare gli effetti devastanti della pandemia, ma ha anche favorito attività estrattive illegali e l’impunità di crimini contro rappresentanti indigeni e attivisti nei territori indigeni dell’Amazzonia. Ma i popoli indigeni hanno ancora una volta dimostrato la loro resilienza.

REALIZZATO per la prima volta nel 2004 sempre durante il denominato «Aprile indigeno», mese in cui si celebra (il 19) il Dia dos Povos Indígenas (Giorno dei Popoli Indigeni), l’”Accampamento” rappresenta la più grande mobilitazione del movimento indigeno, che tradizionalmente occupa Brasilia per rivendicare i diritti che la Costituzione gli garantisce dal 1988. Nel 2020, in piena pandemia, quello indigeno è stato il primo grande movimento a realizzare un intero programma virtuale che si è ripetuto nel 2021. Un evento che riunisce specialisti, ricercatori e professionisti provenienti dai più diversi ambiti, ma soprattutto che vede una enorme mobilitazione nelle aldeias (i villaggi) delle terre indigene, dove rappresentanti locali, con l’aiuto degli anziani e degli ancestrali, cercano risposte per contrastare l’avanzare del progetto di morte del modello di sviluppo dei bianchi. E affermano: «La nostra lotta è ancora per la vita!».

IL TEMA DELL’EDIZIONE 2022 – «Riprendere il Brasile: delimitare i territori e aldear la politica» (la parola aldeia significa paese, piccolo centro, ma anche rimanda a un’idea di collettività) – è suonato come l’anticipazione di quello che un anno dopo è divenuto realtà con l’istituzione del Ministero dei Popoli Indigeni presieduto dall’attivista indigena Sônia Guajajara, che si è unita ieri all’Accampamento ed è stata accolta dal rituale di apertura, il «contratto di convivenza» dove i canti ancestrali rafforzano la lotta collettiva. «Il nostro obiettivo è promuovere il bem viver (la qualità della propria vita), reflorestar mentes (letteralmente «riforestare le menti» ) e appunto aldear a política, che appare un invito a pensare la politica a partire da piccoli centri legati tra di loro, la ricerca di un modo comune e democratico di decidere e condurre il futuro.

L’AZIONE POLITICA E SOCIALE indigena, come ogni forma di vita indigena, trova il proprio fondamento nella saggezza ancestrale, la cura delle persone, dei parentes, che si estende ben oltre al concetto occidentale di famiglia, arrivando a includere ogni forma di vita del territorio. Secondo Ailton Krenak, l’organizzazione della vita quotidiana indigena richiede una costante ricerca di equilibrio tra la natura e le persone, tra la foresta e le persone che la abitano. È questa costante ricerca che i popoli indigeni intendono come “politica”.

La grande manifestazione di lunedì per «affrontare i progetti di legge anti-indigeni» davanti al Congresso nazionale ha aperto l’edizione 2023. È un momento storico per i popoli indigeni brasiliani che, per la prima volta vengono accolti senza aggressioni, ed entrano dalla porta principale per dar vita a una sessione solenne di Acampamento Terra Livre.

La plenaria ha visto la presenza di Joenia Wapichana presidente della Funai; Cacique Raoni; Célia Xakriabá, deputata federale; Dinamam Tuxá, coordinatore dell’Articulação dos Povos Indígenas do Brasil (APIB); Marciely Tupari; Braulina Baniwa; Eloy Terena, e la stessa Sonia Guajajara ministra del Ministero dei Popoli Indigeni. In coerenza con il fare comunitario indigeno la sessione solenne è stata “restituita” alla comunità durante un evento pubblico tenutosi nell’accampamento.

«TERRA LIVRE» è organizzato dall’APIB, creata proprio durante l’incontro del 2005 come istanza di riferimento nazionale del movimento indigeno in Brasile. Un’organizzazione, creata dal basso, con una diffusa ramificazione regionale, che rende visibile le lotte indigene ad esempio per la demarcazione delle terre, fattasi ancora più urgente dopo la sentenza del Marco Temporal, a cui è dedicata una delle plenarie. Un’urgenza che non è solo locale ma globale. È infatti comprovato che le terre demarcate tornando di “proprietà” (concetto sconosciuto alla cosmo-visione di qualsiasi popolo indigeno) contribuiscono al benessere della comunità ma dell’intero pianeta.

 

Brasilia, 24 aprile 2023 (Ap)

 

Secondo studi condotti dall’Instituto Socio Ambiental (ISA), la preservazione della foresta nelle terre indigene oltre a immagazzinare enormi quantità di carbonio, raffredda la superficie e interferisce con la circolazione globale – atmosferica e oceanica -, contribuendo ad abbassare la temperatura del pianeta.

IL CAMBIAMENTO CLIMATICO è maggiormente percepito dalle popolazioni indigene, secondo le quali la natura è la fonte non solo di tutto il nostro sostentamento ma anche di tutte le spiegazioni dei fenomeni che condizionano la nostra vita. Con l’educazione indigena sin da piccoli si impara a leggere il mondo, per questo è urgente rafforzare la centralità dei popoli indigeni e dei loro territori nell’affrontare la crisi climatica a livello globale.

Confermando l’attualità del fare politica indigeno i titoli delle plenarie vanno da «Parentissimo e Parentissima: le autorità indigene nel movimento e nel governo» a «Plenaria delle donne indigene». da «Parenti Lgbt+: decolonizzare (r)esistenze», a «L’importanza della comunicazione e della tecnologia indigena nella decolonizzazione, nella denuncia e nella lotta». Una rappresentanza di genere, e una attualità di tematiche, sconosciute alla ritardata partecipazione socio-politica italiana.

IMPRESSIONA INOLTRE il pragmatismo che si manifesta nelle numerose pubblicazioni prodotte e nella capacità di dominare la comunicazione digitale. La maggior parte degli incontri delle edizioni passate sono consultabili online nel sito dell’APIB, dove si possono anche scaricare numerosi documenti. L’edizione 2023 conferma l’allegria e la speranza dopo la fine del governo genocida di Bolsonaro. Sarà una settimana di incontri che riunirà 305 popoli indigeni che occuperanno con la vita originaria di queste terre che oggi conosciamo come Brasile l’altopiano centrale di Brasilia, proprio in quel territorio vandalizzato a gennaio dai grotteschi sostenitori di Bolsonaro da lui stesso incoraggiati.