Riesplode la rabbia dopo il fallimento del vertice sulla vertenza Portovesme srl che si è tenuto venerdì scorso al Mimit (Ministero per le imprese e per il made in Italy). Ieri a San Gavino, l’altro stabilimento, oltre quello di Portovesme, che il gruppo anglo-svizzero Glencore gestisce in Sardegna, gli operai, in assemblea permanente, sono saliti sui tetti della fabbrica, dove hanno piantato le tende per passare la notte. E alla Portovesme srl, proclamato lo stato di agitazione, alcuni operai si sono incatenati ai tornelli di accesso all’impianto. Non hanno aspettato, i 1500 dipendenti della Glencore, l’assemblea convocata dai sindacati per domani mattina. La lotta è ripresa subito.

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Si legge in una nota della Rsu di San Gavino: «Visto l’esito negativo dell’incontro al Mimit, vista la decisione dell’azienda di confermare il blocco degli impianti, vista la comunicazione, pervenuta in questi giorni, sull’apertura della Cigs con conseguenti proposte di cassa integrazione a zero ore senza margini di trattativa, vista l’imminente cessazione del rapporto di lavoro degli interinali e dei dipendenti delle ditte di appalto, dichiariamo lo stato di agitazione. Resteremo in assemblea all’interno dello stabilimento fintanto che Glencore non rivedrà le proprie decisioni».

Dura anche la presa di posizione di Filctem, Femca e Uiltec. «Dall’incontro al Mimit – scrivono i sindacati – è emerso che a Portovesme esistono tutte le condizioni di redditività perché gli impianti riprendano l’attività. L’azienda faccia marcia indietro rispetto a una scelta unilaterale che mette ha rischio i livelli produttivi e occupazionali». «È inaccettabile – proseguono i sindacati – che la proprietà chieda al governo ulteriori risorse pubbliche per ridurre il costo dell’energia, per sostenere gli ammortizzatori sociali e per garantire un’ipotetica conversione industriale. Con le condizioni proposte durante il vertice al Mimit a Portovesme e a San Gavino la Glencore può usufruire di un prezzo dell’energia accessibile. Il gruppo non ha alibi. Devono riattivare la produzione». «Dal primo aprile – dice Cristiano Lisci della Rsu di San Gavino – saremo in cassa integrazione a zero ore. Siamo quasi tutti giovani. L’età media è tra i 38 e 40 anni. Abbiamo messo su famiglia e comprato casa. Quali sono ora le nostre prospettive? Siamo decisi a resistere: rimarremo in assemblea all’interno della fabbrica sino a quando l’azienda non ci darà una risposta convincente per il nostro futuro».

Il nodo della vertenza è il costo dell’energia, che per Glencore è troppo alto per da garantire una gestione remunerativa. Nel corso dell’incontro al ministero al gruppo anglo-svizzero sono stati proposti un credito di imposta al 45% per i prossimi tre mesi e ulteriori compensazioni che, a fronte di una tariffa standard di 124 euro a megawattora, consentirebbero di pagare soltanto 55 euro. Ma per Glencore non basta.