Ridurre le spese militari per salvare il mondo
Guerra e pace L'iniziativa al Senato di Rete disarmo, Greenpeace, Sbilanciamoci
Guerra e pace L'iniziativa al Senato di Rete disarmo, Greenpeace, Sbilanciamoci
Non è un caso che l’incontro si tenga in concomitanza con il vertice di Vilnius della Nato – come nota Francesco Vignarca di Rete disarmo. L’intento infatti è sollevare «una voce fuori dal coro» – per quanto infinitesimale rispetto al summit delle grandi potenze – «per dire che non è con le spese militari che si risolveranno i problemi». L’occasione è la conferenza al Senato – ospitata dal senatore di Sinistra italiana Peppe De Cristofaro – intitolata Ridurre le spese militari per affrontare i veri problemi globali: guerre, disuguaglianze, crisi climatica.
PARTECIPANO, oltre a Vignarca, Sofia Basso di Greenpeace e Giulio Marcon di Sbilanciamoci. L’argomento di fondo, sottolinea nel suo contributo video il coordinatore internazionale della Global Campaign on Military Spending Quique Sanchez Ochoa – è che il più grande pericolo per la sopravvivenza del pianeta terra è rappresentato dal disastro climatico, dal quale non ci si difende con le armi. «Siamo convinti – sostiene Ochoa – che non possa esserci decarbonizzazione senza demilitarizzazione».
EPPURE nel 2022 le spese militari hanno raggiunto la cifra inedita di 2.240 miliardi di dollari in tutto il mondo. Ben più dei 100 miliardi annui promessi alla Cop per far fronte al cambiamento climatico. L’anno scorso, osserva Basso, «la spesa militare in Europa è cresciuta del 13%, il numero più alto dalla Guerra fredda, ma contemporaneamente è colato a picco il tasso di sicurezza globale».
Le proposte di Greenpeace sono tre: in primo luogo naturalmente ridurre le spese militari, nonostante a Vilnius si riaffermi in questi giorni la soglia del 2% del Pil. E a questo proposito Vignarca spiega come l’impegno di spesa dei paesi Nato non sia che «una linea guida, mentre viene fatto credere che sia un impegno vincolante» per i paesi membri. La seconda proposta è invece «tassare gli extraprofitti dovuti alla guerra delle aziende della difesa, come già è stato fatto dal governo con quelli delle compagnie energetiche». Dato che, come emerge da un’analisi di Greenpeace, nel 2022 i profitti delle principali aziende esportatrici di armi sono aumentati del 55% rispetto all’anno precedente. Infine, afferma, bisogna «cancellare del tutto le spese militari destinate alla difesa delle fonti fossili», dai gasdotti alle piattaforme petrolifere.
L’obiettivo, aggiunge Marcon, è anche «la riconversione dell’industria militare in industria di pace: le tecnologie sono le stesse». Ma la principale industria italiana della difesa, Leonardo, ha piuttosto «ridotto la componente civile delle sue attività in favore di quella militare».
PARTECIPA all’incontro anche il Senatore di Si Tino Magni: «Ci siamo opposti subito – ricorda – all’allargamento della Nato. Semmai bisognerebbe ridurre la dipendenza dall’Alleanza, sviluppare la difesa e la politica estera dell’Unione europea. Per ora inesistenti, come dimostra la nostra incapacità di rispondere a quanto succede in Ucraina». La pace, conclude, «si costruisce diminuendo la spesa militare e aumentando quella sociale». E con la consapevolezza, con le parole di Ochoa, che «investire sul nostro pianeta è inversamente proporzionale alla spesa in campo militare».
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