Europa

Rider, la Spagna promette una legge per la regolamentazione

Rider, la Spagna promette una legge per la regolamentazioneBarcellona, marcia di protesta dei rider – Ansa

Piattaforme digitali In quarantuno sentenze si stabilisce che i ciclofattorini devono essere equiparati ai lavoratori dipendenti. Allo studio della ministra di Podemos la possibilità di accesso agli algoritmi

Pubblicato più di 3 anni faEdizione del 25 febbraio 2021

La ministra spagnola del lavoro Yolanda Díaz è da mesi impegnata sul dossier per regolamentare il lavoro dei rider. In Spagna sono già 41 le sentenze giudiziarie che stabiliscono che la relazione dei ciclofattorini con le rispettive piattaforme deve essere quella di lavoratori dipendenti, e non di falsi autonomi, come finora. L’ultima un mese fa, a Barcellona: secondo i magistrati, i 748 rider di Deliveroo nella città devono essere considerati lavoratori dell’impresa a tutti gli effetti. La magistrata autrice della sentenza argomentava che la supposta libertà del rider difesa dalla piattaforma «non è così ampia come si vuole far credere», perché nel caso si rifiutino di portare un’ordinazione possono essere penalizzati. La sentenza obbligava l’impresa a pagare tutti i contributi dei lavoratori fino a quel momento.

Proprio la posizione che ha assunto il governo, e che viene discussa da mesi in riunioni con le parti sociali. L’intenzione iniziale del ministero targato Podemos era quella di regolarizzare automaticamente qualsiasi lavoratore delle piattaforme digitali, ma ora, nell’ultima proposta, la cosa si limiterebbe ai lavoratori di piattaforme come Glovo o Deliveroo, cioè i rider propriamente detti. In sostanza, si tratta di una sorta di «presunzione di rapporto di lavoro»: cioè ogni persona che effettui una consegna verrà assimilato dalla futura legge (se mai vedrà la luce) a un lavoratore stipendiato. Sarà l’impresa a dover argomentare nel caso così non fosse: cioè, si invertirebbe l’onere della prova.

L’altro aspetto importante di questa norma, che ancora deve essere accettata dalle parti, è quello dell’accesso agli algoritmi: per fare questo, si modificherebbe lo statuto dei lavoratori per permettere ai sindacati di ottenere informazioni sul funzionamento degli algoritmi che regolano l’onere di lavoro di ciascun rider, un tema che per le aziende è molto sensibile, ma che per i sindacati e il governo è centrale perché da quello dipende la vita dei lavoratori. Ci sarebbe un margine di alcuni mesi per le imprese per regolarizzare la situazione, ma è chiaro che in questo modo cambierebbe completamente il modello economico su cui si basano: da molti lavoratori precari con orari disparati, a personale fisso con orari più regolari.

Una delle difficoltà di questo negoziato è che la Confindustria spagnola, la Ceoe, non ha ancora assunto una posizione definitiva, mentre i sindacati vorrebbero norme più ambiziose. In più, è emerso un fantomatico nuovo sindacato dei rider, Apra, che propone al governo di creare la figura dell’«autonomo digitale», che possa decidere «quando, come e dove lavorare», e che di fatto cristallizzerebbe la precarietà di cui sono vittime oggi questi lavoratori. Secondo loro, questa figura dovrebbe affiancarsi a quella dei lavoratori dipendenti che vuole creare il governo. Hanno anche proclamato uno sciopero per il 3 marzo. Il ministero non li hai mai convocati.

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