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Ricostruzione ormai avviata, indietro gli edifici pubblici

Ricostruzione ormai avviata,  indietro gli edifici pubbliciUn’immagine di Amatrice del settembre 2016 – Ansa

Il centro storico di Visso resta chiuso. Per rifare il comune servono 480 milioni

Pubblicato circa 2 anni faEdizione del 24 agosto 2022

A sei anni dal terremoto che il 24 agosto 2016 ha causato quasi 300 morti, con epicentro in Appennino, tra Amatrice, Accumoli e Arquata del Tronto, a cavallo tra Lazio e Marche, la ricostruzione è partita. «Dopo essersi sbloccata nel 2020, è entrata in una fase matura» si legge nel Rapporto 2022 presentato nei giorni scorsi dal Commissario straordinario per la ricostruzione Giovanni Legnini. Secondo i dati raccolti, negli ultimi due anni sono stati aperti 10mila cantieri per il recupero degli immobili dell’edilizia privata e avviati anche numerosi interventi pubblici, con 365 opere terminate. Si tratta di risultati che «solo un difficilissimo contesto esterno, segnato dalla pandemia, dall’esplosione dei prezzi, dalla saturazione del mercato edilizio, dalle conseguenze della guerra, ha impedito fossero ancora più consistenti» si legge nel Rapporto.
Eppure, la situazione non è rosea per tutti: oltre 8mila persone vivono ancora nelle «casette», le Soluzioni abitative di emergenza diventate oramai veri e propri quartieri, parte del paesaggio abituale per chiunque attraversi i comuni del «cratere».

IL DOCUMENTO del commissario aggiorna il conto dei danni causati dal terremoto dell’agosto 2016 e da quelli successivi del 26 ottobre (con epicentro a Castelsantangelo sul Nera, nelle Marche) e del gennaio 2017 (epicentro a Capitignano, in Abruzzo): secondo le ultime stime «appare destinato a superare i 30 miliardi di euro». L’elenco dei comuni più danneggiati è guidato da Amatrice, la cui ricostruzione dovrebbe costare oltre 1 miliardo e 355 milioni di euro. Al secondo e al terzo posto, riflettendo il valore elevato dei danni al patrimonio culturale e all’edilizia pubblica, vengono la cittadina universaria di Camerino, con quasi 1 miliardo e 200 milioni di euro, e Norcia, la città di San Benedetto, con 1 miliardo e 167 milioni di euro. Tra i centri più piccoli, Arquata del Tronto, ai piedi del Monte Vettore, le cui frazioni sono state cancellate dal sisma, somma 870 milioni di euro di danni, Ussita 566 milioni, Visso – il cui bel centro storico è ancora interdetto al pubblico – 480 milioni.

L’esempio di Visso, il comune della provincia di Macerata che ospita la sede del Parco nazionale dei Monti Sibillini, aiuta a capire quello che il Rapporto non omette: «L’avanzamento sin qui registrato riguarda la gran parte dei territori dei 138 comuni del cratere, come è dimostrato dai dati analitici, ma in minor misura i centri più distrutti, che hanno sofferto ritardi, incertezze e inefficienze nella fase di avvio». Adesso la corsa della rivostruzione è partita anche grazie all’adozione di rilevanti misure di semplificazione, che permettono di prevedere l’apertura, nei prossimi sei mesi, di circa mille cantieri pubblici, «metà dei quali relativi agli interventi finanziati dal Piano nazionale complementare per le aree sisma» spiega il documento.

LA SPESA COMPLESSIVA per la ricostruzione ha superato i 6 miliardi di euro. La maggior parte delle risorse sono destinate ai cantieri privati, quelli legati al recupero edilizio: i cantieri completati sono 7.256, con la riconsegna alle famiglie di 16.520 singole unità immobiliari, quasi tutte case ma anche negozi, officine e laboratori. Le unità immobiliari da ricostruire, però, sono in tutto oltre 128mila, per un valore complessivo di 19,4 miliardi di euro: la strada è ancora lunga, e si potrà forse parlare di interventi completati tra i 15 e i 20 anni dopo i terremoti, anche se paesi come Castelluccio di Norcia difficilmente saranno mai ricostruiti. Il ritardo maggiore comunque è quello che riguarda gli edifici pubblici: nel giro di un anno, considerando anche i lavori sulle chiese, il numero dei cantieri pubblici chiusi è salito da 151 a 365. Quelli aperti sono 316. Il rischio però è che scuole, ospedali, municipi riaprano quando le persone non ci saranno più, in quest’area dell’Appennino.

OLTRE AGLI 8MILA delle «casette», altre 25mila persone che non hanno da sei anni un tetto «stabile» sopra la testa ricevono un contributo all’affitto. Non sappiamo quanti siano, in relazione ai residenti dell’area: il Rapporto non dice quante persone vivessero nei 138 comuni del cratere al 31 dicembre 2021, quanti siano in meno rispetto al 2016. Nonostante l’attaccamento delle gente d’Appennino per le proprie terre aiuterebbe a capire quanto tempo davvero ci resta.

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