La Louise Michel ha depositato il ricorso contro il fermo amministrativo scattato il 26 marzo scorso dopo l’ultima missione nel Mediterraneo centrale. Il provvedimento è stato emesso sulla base della nuova legge sulle Ong voluta dal governo Meloni e prevede un blocco di 20 giorni. Il 24 marzo la nave aveva salvato circa 180 persone in quattro diversi interventi. Della ricostruzione fornita dall’equipaggio colpisce quanto accaduto negli ultimi due.

ALLE 19.32, dopo aver soccorso due barconi con 116 naufraghi senza avere risposta alle richieste di coordinamento avanzate a Malta e Italia, l’Ong riceve un mayday, cioè un messaggio di urgenza assoluta, lanciato dall’aereo Osprey 2 di Frontex. Riguarda un mezzo in pericolo nella zona di ricerca e soccorso (Sar) di responsabilità maltese. Via radio non risponde nessuno. La Louise Michel contatta Lampedusa che dice di rivolgersi a La Valletta. Alle 20.52 la nave trova i migranti. Il capitano conferma la valutazione di pericolo: si tratta di un’imbarcazione in metallo, sovraccarica e instabile.

IL PM DI AGRIGENTO Salvatore Vella ha definito queste barche, molto utilizzare sulla rotta tunisina nell’ultimo anno, «mortali». «Quando si capovolgono e affondano velocemente, essendo in metallo, causano la morte di quasi tutti coloro che erano a bordo se non c’è un intervento immediato di natanti impegnati in operazioni di salvataggio», ha dichiarato Vella lo scorso dicembre al programma Il cavallo e la torre di Rai 3.

DUNQUE LA Louise Michel inizia le operazioni di «stabilizzazione», cioè distribuisce i giubbotti di salvataggio. Alle 21.21 informa le autorità competenti. Mezz’ora dopo il centro per il coordinamento del soccorso marittimo italiano (Imrcc) comunica solo che il porto assegnato è Lampedusa. Dopo il primo salvataggio aveva indicato Trapani intimando di procedere senza deviazioni e in maniera rapida.

MA È QUELLO che succede pochi minuti più tardi a sollevare molti interrogativi. Secondo la ricostruzione della Ong sul posto arriva, senza che il comandante della Louise Michel riceva comunicazioni, la motovedetta Cp 273 della guardia costiera italiana. «Prima ci fa sapere che avrebbe preso alcuni dei naufraghi che avevamo a bordo – sostiene l’Ong – Poi, alle 22.06, ci dice di aver ricevuto l’ordine di attendere istruzioni». Intanto dal nulla spunta un altro barchino che si avvicina pericolosamente alla nave finanziata da Banksy. Questa informa via radio la motovedetta. Che però tra le 22.08 e le 22.45 sarebbe rimasta in silenzio, senza rispondere alle richieste d’aiuto o fornire assistenza. Intanto succede di tutto.

DOPO CHE l’equipaggio della Ong ha concluso la distribuzione dei giubbotti anche sul mezzo appena sopraggiunto questo improvvisamente affonda. Per fortuna non muore nessuno. Alle 22.44 la nave lancia un mayday. Dopo una quarantina di minuti chiede nuovamente l’intervento della Cp 273. La motovedetta avrebbe recuperato quattro persone appese a un galleggiante di emergenza, continuando poi a non rispondere. L’equipaggio della Ong conclude da solo il salvataggio. Successivamente trasborda tre naufraghi con problemi di salute gravi e il medico di bordo sulla motovedetta, che li porta a Lampedusa. Dove verso le 5 arriva anche la Louise Michel, con 178 migranti. La guardia costiera comunica oralmente il fermo e dopo un giorno consegna il verbale.

L’AUTORITÀ ITALIANA contesta la violazione di tre punti della legge sulle Ong voluta dal governo Meloni. Primo: aver operato autonomamente il recupero dei migranti in area Sar libica e maltese omettendo di fornire informazioni alle autorità competenti. Secondo: non aver rispettato l’indicazione di raggiungere il porto di Trapani per concludere il soccorso (cioè il primo dei quattro). Terzo: aver caricato un numero eccessivo di persone, superiore alle 60 previste dal certificato di sicurezza della nave, creando una situazione di pericolo. Nel verbale della guardia costiera la Cp 273 è menzionata solo in un paragrafo, dove si dice che stava navigando verso il barcone in pericolo e che poi ha preso a bordo chi necessitava cure mediche.

IL COMUNICATO STAMPA diffuso dall’autorità italiana il 26 marzo motiva il fermo della Louise Michel con la non osservanza delle indicazioni impartite. In questo modo avrebbe pregiudicato la sicurezza di equipaggio e migranti, rallentato il raggiungimento del porto, complicato il coordinamento dei soccorsi e contribuito ad affollare Lampedusa già meta di numerosi arrivi. È lo stesso comunicato che accusa l’aereo di Sea-Watch e la nave Ocean Viking di aver sovraccaricato i sistemi di comunicazione dell’Imrcc con segnalazioni su situazioni di pericolo create dalla guardia costiera libica (tra cui gli spari verso Ov).

IL RICORSO della Louise Michel è firmato dalle avvocate Cristina Cecchini, Loredana Leo e Lucia Gennari. Le legali sostengono che l’obbligo del soccorso previsto dalle convenzioni internazionali e dalla normativa interna prevalga sull’indicazione di raggiungere il porto e che i salvataggi non abbiano creato una situazione di pericolo a bordo. Questa, affermano, deve essere valutata dal comandante in base a vari parametri e non solo sul numero di persone previste dai certificati, in cui non vanno contati i naufraghi soccorsi. Sulla vicenda si pronuncerà il tribunale di Agrigento.