Neanche il tempo di scrivere che è sparito, disdicendo appuntamenti a raffica, e Vladimir Putin riappare. Il presidente russo ha voluto tele-trasmettere (e affidare anche alla Tass) il suo intervento in video-collegamento al “Consiglio per lo sviluppo strategico e i progetti nazionali”, non proprio una tribuna di valore come quelle disertate o disdette nei giorni scorsi, ma comunque per lui preziosissima.

A 2.500 CHILOMETRI da Mosca, infatti, in quel momento il Consiglio europeo era riunito in seduta plenaria per discutere del tetto da mettere al prezzo del gas russo, la vera arma pesante nel repertorio delle rappresaglie economiche occidentali contro l’invasione dell’Ucraina.

E il messaggio di Putin è chiarissimo: la politica europea sul price cap “è folle”, le sanzioni russe dell’Occidente “sono una guerra economica”, una guerra “che ha fallito” e le finanze russe “restano resilienti”.

Nel frattempo il Consiglio europeo ha rinviato per l’ennesima volta il tetto al gas. L’organo di indirizzo politico dell’Unione è stato stravolto tra l’altro dal dilagare mediatico e politico del Qatargate e dei suoi effetti: a Bruxelles quasi non si parlava d’altro. Ma non per questo la ricomparsa di Putin è meno contundente.

Quando ha finito di aggredire polemicamente le sanzioni e l’Occidente, il presidente russo ha aggiunto le cose forse più interessanti.

Il primo obiettivo di Mosca ai tempi della guerra, ha detto Putin, è “riorientare il commercio estero della Russia verso i paesi amici” in Asia, Medio oriente, America latina e Africa, cioè ovunque tranne che Europa e Stati uniti. Tanta Cina e tanta India, nel futuro del pil russo, che pure “quest’anno perderà il 2,5%”.

Inoltre la Russia dovrà rafforzare la sovranità tecnologica e l’economia manifatturiera, e infine – ma forse soprattutto – perseguire “la sovranità finanziaria”. “La Russia deve garantire un afflusso di investimenti a lungo termine e del capitale azionario, e investire in infrastrutture e attività ad alta tecnologia”, ha detto l’uomo del Cremlino.

L’ANNULLAMENTO del discorso alla camera, del discorso di fine anno, della sua presenza alla partita di hockey? Tutto dimenticato, e probabilmente gli appuntamenti saltati – tra i quali non ci sono obblighi istituzionali ma solo praticate consuetudini – hanno molto più a che fare con la scarsissima volontà di dire qualcosa ai russi che non l’indebolimento della sua presa sul potere o il desiderio di scansare le critiche.

Ma se lo scontro economico tra Occidente e Russia si intensifica, non va meglio quello bellico.

L’influente portavoce del ministero degli esteri russo Maria Zakharova – un nome nel “cerchio magico” di Putin – ha accusato gli Stati uniti di essere ormai “diventati parte attiva del conflitto” denunciando “la morte e la distruzione causata dalle armi americane”.

E non si riferisce solo alle teleguide e ai sistemi di puntamento degli ucraini, del tutto controllati dagli Usa: l’ambasciata russa a Washington ha attaccato l’ipotesi di fornire missili Patriot americani a Kiev, “un passo dell’amministrazione Biden con conseguenze imprevedibili”.

I PATRIOT SONO gli storici missili anti-missile (e anti-tutto, inclusi aerei e droni) che esordirono contro gli Scud nella prima guerra del Golfo, nel 1991 e che garantirebbero cieli liberi a chi li può schierare. Ma siccome costano 4 milioni a missile (e ogni camion-batteria ne porta una trentina) e possono colpire anche bersagli fuori confine, gli Usa non li avevano mai concessi all’Ucraina.

Fino a pochi giorni fa, motivati – hanno detto fonti americane all’agenzia Ap – dai persistenti attacchi russi contro obiettivi civili come le infrastrutture energetiche. La Casa Bianca non ha mai confermato le indiscrezioni, ma queste crescono ogni giorno. E il filo dell’escalation ha quasi sempre due capi.