Nel pomeriggio di ieri, quando la notizia del ritrovamento del corpo straziato del giovane Giulio Regeni sulla strada fra Il Cairo e Alessandria ormai ha fatto il giro del mondo, Matteo Renzi parla al telefono con il presidente Abdel Fattah Al Sisi. Secondo l’agenzia egiziana Mena è stato il generale a chiamare per porgere le condoglianze al premier italiano. Da Palazzo Chigi comunque le richieste sono due: che il corpo del ragazzo sia restituito alla sua famiglia per poter tornare a casa prima possibile, e che al team degli inquirenti italiani sia consentito il pieno accesso per seguire «tutti gli sviluppi delle indagini per trovare i responsabili dell’orribile crimine ed assicurarli alla giustizia». Stamattina infatti da Roma direzione Cairo parte il team italiano che dovrà seguire le indagini: tre poliziotti, tre carabinieri e un funzionario dell’Interpol.

Al telefono il generale assicura la massima collaborazione. In effetti di lì a poco il corpo di Giulio sarà portato nell’ospedale italiano del Cairo dall’obitorio di Zeinhome, dove i suoi genitori, accompagnati dall’ambasciatore Maurizio Massari, hanno riconosciuto il corpo e perso l’ultima speranza di riabbracciarlo vivo dopo la scomparsa avvenuta il 25 gennaio, giorno del quinto anniversario della rivoluzione di piazza Tahrir. A Renzi il generale riferisce di aver ordinato al ministero dell’Interno e alla procura generale di «perseguire ogni sforzo per togliere ogni ambiguità» e «svelare tutte le circostanze» della morte di Giulio, caso al quale «le autorità egiziane attribuiscono estrema importanza». Nelle prime ore dell’inchiesta l’impressione era stata esattamente opposta. L’Italia non deve temere, è il messaggio ufficiale affidato all’agenzia Mena: «Da parte delle autorità egiziane troverà una cooperazione costruttiva».

È la preoccupazione anche del ministro degli esteri Paolo Gentiloni da Londra, dove si trova in mattinata per la conferenza sulla Siria: «Quello che stiamo facendo è esortare il governo egiziano a consentire alle autorità italiane un’indagine congiunta sulla morte del nostro connazionale. Chiediamo collaborazione, vogliamo che emerga la verità su quello che è successo».

Collaborazione, parola chiave con troppi significati. Il generale tiene a ribadire le buone relazioni fra il suo paese e l’Italia. Mercoledì, il giorno del ritrovamento del corpo di Giulio, l’Egitto stava ospitando una delegazione di sessanta aziende italiane pronte a partecipare alla cosiddetta «rinascita dell’Egitto», e capitanate dalla ministra dello sviluppo economico Federica Guidi. In gesto di rispetto alla famiglia Regeni, il gruppo ha interrotto bruscamente la visita e fatto subito ritorno in Italia. Ma i dossier della ’collaborazione’ fra i due paesi sono molti, dalla crisi libica all’immigrazione. Non a caso nell’agosto 2014 Renzi è stato il primo leader europeo ad essere ricevuto dal raìs, salito al potere pochi mesi prima con un colpo di stato, (le elezioni sono arrivate dopo). A novembre il raìs aveva restituito la cortesia volando a Roma. E infine nel marzo 2015 il terzo faccia a faccia fra i due, sul Mar Rosso. Lì Renzi aveva espresso «fiducia nella leadership» del generale. Le indagini sull’omicidio di Giulio sono il meno augurabile test sulla lealtà fra i due paesi. «La piena collaborazione delle autorità egiziane» è la richiesta che arriva anche dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, insieme al cordoglio alla famiglia del ragazzo.

Ma a temere le opacità, per usare un eufemismo, delle autorità egiziane sono molti. In Italia la richiesta di trasparenza è bipartisan: «Stanno già emergendo tra le autorità locali valutazioni contrastanti. Gli stretti rapporti tra Italia ed Egitto non consentono l’esistenza di zone d’ombra» dice Pier Ferdinando Casini, presidente della Commissione Affari esteri del Senato. Stessa preoccupazione da Fabrizio Cicchitto, omologo alla Camera. «Leggendo le dichiarazioni del direttore dell’ufficio stampa del ministero dell’Interno egiziano Ashraf al Anany che parla di “lividi e abrasioni” sul corpo di Giulio Regeni e che polemizza con un magistrato, Hosam Nassar, direttore della procura di Gaza, che aveva parlato di torture, la nostra inquietudine aumenta. A questo punto riteniamo indispensabile che il corpo del giovane ucciso sia esaminato anche da medici indicati dalla famiglia, oltre agli esperti del nostro governo». «Il governo italiano esiga fino in fondo la verità sulla barbara esecuzione di Giulio», chiede Nicola Fratoianni di Sinistra Italiana. «Di fronte a questo inquietante episodio e dopo molti altri casi di ’sparizioni’ di attivisti sospette, come denunciato dalle organizzazioni per i diritti umani, vogliamo sapere cosa sta succedendo in Egitto dal punto di vista della repressione», aggiunge Paolo Ferrero del Prc. «L’Italia faccia sentire la sua voce», è la nota dei 5 stelle. Stesse richieste anche dal Pd e dalla Lega.