«Regalo di San Valentino» affondata una nave russsa
Il limite ignoto A Kiev i militari festeggiano la giornata. Spettacolo strano destinato a durare un solo giorno
Il limite ignoto A Kiev i militari festeggiano la giornata. Spettacolo strano destinato a durare un solo giorno
Piove e fa freddo a Kiev, meglio per i fiori, si conservano più vividi. Lungo il viale Khreschatyk camminano pensierosi e un po’ imbarazzati i militari con bouquet in mano, alcuni con qualche semplice tulipano, altri con delle vere e proprie corone nuziali. Le ragazze che li hanno già ricevuti si scattano foto di fronte alle vetrine dei molti negozi alla moda della via più famosa della capitale. Il tutto sotto cuoricini rossi e scritte in inglese e in ucraino che ricordano che è San Valentino.
A UNO DI LORO che non ha fiori chiedo come va la licenza. «Sono tornato a posta per chi è solo come me», risponde ridendo «e poi con questo freddo, guarda come sembrano tutte più belle». Un bianco lattiginoso copre il cielo sopra Kiev e non si capisce mai che ora è fino al tramonto. I sottopassaggi che permettono di attraversare gli 80 metri del largo viale sembrano un campo a primavera e risalendo verso la cattedrale di Santa Sofia le coppiette si tengono la mano mentre con nella mano libera le ragazze portano orsacchiotti di peluche, palloncini con dediche e buste di regali. Di fronte all’ingresso carta da zucchero del santuario, da un chioschetto dei militari più maturi esultano mentre anziane con il capo coperto passano indispettite per quel baccano. «È stata affondata nella notte la nave da sbarco ‘Cesar Kurnikov’ una delle navi più importanti della flotta russa nel Mar nero» dice il telegiornale da uno schermo del chiosco. Una piccola folla si raduna ad ascoltare. «La nave, del valore di 350 milioni di dollari ha ricevuto danni critici sul lato sinistro da parte di droni marini Magura V5 e ha iniziato ad affondare». A conclusione del servizio il notiziario mostra una dichiarazione dell’ufficio stampa dell’esercito: «Un’altra nave russa è stata promossa al rango di sottomarino, ne saranno felici i pesci del Mar Nero». Degli 87 marinai dell’equipaggio non si sa nulla, ma è molto probabile che siano affondati insieme ad eventuali militari che in quel momento si trovavano a bordo.
POCO DOPO, Andrii Yusov, portavoce dell’intelligence militare ucraina (Gur) del temuto Kyrylo Budanov, fa sapere che «la distruzione della nave Caesar Kunikov è stato un regalo da parte della Direzione principale dei servizi segreti agli ucraini per San Valentino». Tra l’altro, l’ufficiale russo a cui la nave deve il suo nome, Caesar Kunikov, morì proprio il 14 febbraio 1943 durante il secondo conflitto mondiale. «Tutto ciò è direttamente correlato al corso dell’operazione militare speciale, di conseguenza, questa è una prerogativa esclusiva del ministero della Difesa, non posso dire nulla», ha risposto il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, ai giornalisti che chiedevano informazioni sull’accaduto.
Nella piazza del monastero di San Michele delle troupe televisive schierate aspettano che succeda qualcosa, come dall’inizio della guerra. Una donna di circa quarant’anni si avvicina, con il capo coperto da un fazzoletto ricamato bianco e la figlioletta per mano. Porta un lumino che deposita sotto una delle foto di militari caduti sul Muro della memoria che costeggia un lato del monastero. Il cameraman si avvicina un po’ per seguire il giornalista con il microfono già pronto ma la donna se ne accorge e si allontana senza dire nulla.
VOLTATO L’ANGOLO, nel parco di San Vladimiro, le coppie occupano tutte le panchine tra la nebbia che ferma l’orizzonte poco dopo Podil, nella parte bassa della città. La statua del re santo, che convertì l’Ucraina al cristianesimo, oggi è racchiusa tra impalcature che la nascondono e la famosa «croce elettrica visibile tra i boschi che sovrasta il Dnipro» raccontata da Bulgakov nella Guardia bianca non brilla più. E poteva vederla bene, lo scrittore, dalla sua casa della discesa Andriivsky che inizia proprio alla fine del parco. Il museo istituito in quella che fu l’abitazione a due piani della sua famiglia ora è «chiuso per motivi tecnici». Accanto alla porta sbarrata un bassorilievo in bronzo che raffigura il volto di Bulgakov è stato investito da una secchiata di vernice rossa e pare sanguinare dalle tempie per il gesto di quell’idiota che in qualche modo l’accusava di simpatie filo-sovietiche. Alla fine della discesa la grande ruota panoramica è deserta, gira ma non c’è nessuno nelle cabine. Sarà anche romantico ma se bombardassero proprio mentre si è in alto? Meglio restare a terra, dove in ogni caso i pericoli non mancano.
DALLE VETRINE dei ristoranti si vedono i camerieri che portano glacette di vetro per sistemare i fiori che occupano quasi tutti i tavoli dove ci sono uomini in uniforme. È uno spettacolo strano ma è durato solo un giorno, da oggi si torna alle caserme e per l’amore, anche se nella sua forma più commerciale e stereotipata, bisognerà aspettare. Sperando, ma di questo non si parla, che sia l’ultimo anno in uniforme.
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