Raid contro l’iftar delle opposizioni ad al-Sisi
Egitto Sostenitori del presidente hanno aggredito 70 rappresentanti di partiti laici e di sinistra, riuniti per la rottura del digiuno, in un paese sempre più povero dove il mese sacro è diventato specchio dei non-risultati del regime
Egitto Sostenitori del presidente hanno aggredito 70 rappresentanti di partiti laici e di sinistra, riuniti per la rottura del digiuno, in un paese sempre più povero dove il mese sacro è diventato specchio dei non-risultati del regime
Hanno rovesciato i tavolini, picchiato i presenti: è stato un vero e proprio raid al grido di «spie, traditori» quello compiuto da una ventina di sostenitori del presidente al-Sisi contro i 70 rappresentanti delle opposizioni che al Cairo avevano organizzato l’iftar, il pasto che rompe il digiuno durante il Ramadan.
C’erano esponenti del Partito socialdemocratico egiziano, di al-Dustour, del movimento Riforma e sviluppo, di Pane e libertà, dell’Alleanza popolare socialista e di Karama, riporta Agenzia Nova.
Si erano ritrovati al tramonto, quando sono stati aggrediti: «Hanno cominciato a colpire con sedie e bicchieri tutti gli invitati, compreso Farid Zahran, il presidente del Partito democratico egiziano, Khaled Dawood, ex presidente di Dustour, Abdel Azim Hamad, ex direttore del quotidiano al Ahram e l’avvocato per i diritti Ahmed Fawzy», raccontano gli attivisti. Che aggiungono: picchiavano mentre gridavano «Viva l’Egitto, viva al-Sisi».
La polizia si è presentata un’ora dopo rifiutandosi di registrare la denuncia: gli aggressori sono ignoti, hanno detto gli agenti al Movimento civile democratico, federazione di partiti laici e di sinistra che aveva organizzato l’iftar. «L’attacco era pianificato – dice all’Ap Mohammed Zaree, avvocato per i diritti umani – La corrente è andata via quando l’assalto è iniziato ed è tornata quando gli assalitori se ne sono andati». Una pratica nota in Egitto: si mandano avanti militanti non legati ufficialmente al governo per non doversene assumere la responsabilità.
Il raid ha un profondo significato politico: arriva mentre al-Sisi giurava per la seconda volta come presidente. E arriva in un periodo particolare, che ricorda agli egiziani gli amari «risultati» archiviati dal regime. Il mese sacro del Ramadan, con il suo clima di festa e condivisione, in Egitto è da anni specchio della miseria in cui versano milioni di persone: le misure di austerity hanno alzato sopra il 27% l’asticella del tasso di povertà, fatto lievitare l’inflazione e mangiato i magri salari delle classi medie e basse.
In un simile contesto, con un governo assente, sono le organizzazioni a provare a mettere una pezza: decine di associazioni (tra cui anche movimenti cristiani copti) stanno offrendo cibo ai più poveri, sotto forma di cartoni pieni di riso, pasta, zucchero, orzo, farina e consegnati alle famiglie e di tende nelle piazze dove consumare insieme l’iftar.
Non va meglio nel Sinai dimenticato, dove dal 9 febbraio l’esercito porta avanti una brutale campagna militare anti-islamista che ha di fatto isolato le comunità, impedendo a cose e persone di entrare e uscire. Chi riesce a contattare l’esterno, parla di città devastate e affamate.
Una pentola in ebollizione che le forze armate tentano di smorzare: lunedì 120 bambini di Arish sono stati invitati a consumare l’iftar, «gentilmente» offerto dall’amministrazione locale del Sinai del Nord, circondati dalle armi di soldati e poliziotti.
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