La lobby dei pesticidi ha una forza e una capacità di condizionamento che è inferiore solo alla lobby delle armi. Ed è intorno al glifosato, il principio attivo più usato in Europa e nel resto del mondo, che si sta svolgendo una battaglia campale dal cui esito dipende la salute delle popolazioni e dell’ambiente. La Bayer e le altre aziende produttrici dell’erbicida stanno operando in modo da poter influenzare la valutazione del rischio da parte delle autorità europee.

SONO LE STESSE INDUSTRIE che producono i pesticidi a svolgere i test di sicurezza e a partecipare alla progettazione dei metodi per la valutazione del rischio. La Bayer, che rappresenta il più importante gruppo dell’agrochimica e della farmaceutica, con la fusione del 2018 ha ricevuto in dote dalla statunitense Monsanto migliaia di contenziosi per i danni alla salute causati dall’erbicida. Ha raggiunto un accordo collettivo nel 2020 con 95 mila dei 125 mila americani che chiedevano il riconoscimento dei «danni da glifosato», con un risarcimento che ammonta a 11 miliardi di dollari.

LA MULTINAZIONALE TEDESCA ha continuato, tuttavia, a difendere il suo principio attivo con ogni mezzo, esercitando pressioni a livello internazionale e riuscendo ad allargare a nuove aree l’impiego dell’erbicida. I relativi bassi costi di produzione del glifosato e i grandi profitti che ne derivano spiegano l’ostinazione con cui viene difeso dalle aziende agrochimiche.

LE PRIME QUATTRO AZIENDE del settore (Bayer, Syngenta, Corteva, BASF), dopo un vorticoso giro di fusioni e acquisizioni, controllano il 70% del mercato globale dei pesticidi. Il glifosato da solo rappresenta un terzo della quantità totale impiegata e un quarto del fatturato di tutti gli agrotossici. L’introduzione degli Ogm, a partire dalla metà degli anni ’90, ha allargato considerevolmente il suo impiego e, attualmente, un milione di tonnellate di erbicidi a base e di glifosato viene sparso ogni anno sul pianeta.

ALL’INTERNO DELLA UE GLI OGM non sono coltivati, eppure il glifosato è presente in un terzo dei diserbanti utilizzati. Quello europeo è un mercato che le aziende dell’agrochimica devono salvaguardare, anche se la quantità impiegata è leggermente diminuita per le restrizioni decise da alcuni paesi e per la crescita delle aree in cui si pratica l’agricoltura biologica. A livello globale, invece, si registra un incremento medio annuo del 4%, come conseguenza della crescente domanda di glifosato da parte dei paesi in via di sviluppo di Asia, Africa e America Latina.

LA DECISIONE CHE L’UNIONE europea si appresta a prendere sul rinnovo o meno dell’autorizzazione è fortemente influenzata dalle aggressive campagne dei settori dell’agroindustria che stanno mettendo in crisi Farm to Fork, il piano decennale che prevede la riduzione del 50% dell’impiego degli agrotossici entro il 2030 e misure di salvaguardia della biodiversità. Se dovesse passare il rinnovo all’impiego del glifosato per altri 10 anni diventerà impossibile raggiungere gli obiettivi fissati dal piano. Nel 2017 erano stati 18 i paesi europei (quasi tutti dell’est) che si erano espressi a favore del rinnovo per cinque anni, 9 i contrari (Italia, Francia, Grecia, Belgio, Lussemburgo, Cipro, Ungheria, Malta, Lettonia), 1 astenuto (Portogallo). Fu decisiva la posizione della Germania a favore della proroga, in contrasto con le posizioni espresse in precedenza, un voto fortemente influenzato dall’annuncio che Bayer aveva avviato il processo di fusione con Monsanto.

ORA I GIOCHI DIETRO LE QUINTE sono ripresi. La proposta della Commissione europea fa un passo indietro rispetto al 2017. Tuttavia, per essere approvata è necessaria una maggioranza qualificata: deve votare a favore il 55% degli Stati membri (15 su 27) e i paesi favorevoli devono rappresentare il 65% della popolazione totale dell’Ue.