Europa

Quel genere di governo, tendenza Zapatero

Quel genere di governo, tendenza ZapateroIl premier Pedro Sánchez, sotto manifestazione femminista in Spagna e parte dela squadra di governo: 12 dei 17 ministri

Spagna Pedro Sánchez presenta la squadra, quasi tutta di donne (11 ministre) e nei posti chiave. Carmen Calvo nominata vicepresidente e alle pari opportunità

Pubblicato più di 6 anni faEdizione del 7 giugno 2018

In Spagna si torna a respirare un’aria «zapateriana». Ieri il nuovo premier, il socialista Pedro Sánchez, ha nominato i ministri del suo governo e, come ai tempi del predecessore José Luis Zapatero, spicca la presenza di donne. Ma questa volta si è andati ben oltre la parità: 11 a 6, gli uomini per la prima volta sono in netta minoranza. Un fatto storico, anche per i ruoli di primo piano che le ministre ricopriranno: tutti i portafogli economici – finanze, economia, industria e lavoro – oltre a giustizia, difesa, istruzione, pubblica amministrazione, ambiente, sanità. Donna sarà anche l’unica vicepresidente, Carmen Calvo, titolare delle pari opportunità: una scelta che rende ancora più evidente la centralità che assumeranno le politiche di genere. Certamente un ottimo inizio: Sánchez mostra di avere colto il valore delle mobilitazioni femministe dei mesi scorsi. 

 

 

MA IL NEO-ZAPATERISMO non finisce qui. Nella designazione dei ministri emerge l’attenzione verso la «Spagna plurale», stato ricco di varietà linguistiche, «nazione di nazioni». Ecco dunque due catalani, il veterano Josep Borrell agli esteri e la più giovane Meritxell Batet alla pubblica amministrazione, e due baschi, l’ex assessora regionale Isabel Celaá (istruzione) e il magistrato Fernando Marlaska agli interni. Completa il clima da revival anche il profilo delle responsabili dei dicasteri più delicati nel rapporto con l’Europa, quelli da cui dipendono i conti e le cosiddette «riforme» che piacciono a Bruxelles (e Berlino): sia Maria Jesús Montero (finanze), sia Nadia Calviño (economia) danno garanzie ai palazzi dell’Ue. La linea social-liberale che fu di Zapatero sarà anche di Sánchez: la Spagna appena «uscita dalla crisi» non andrà oltre il perimetro delle compatibilità economiche e di bilancio. I pronti auguri ricevuti dal premier greco Alexis Tsipras fanno però intravedere la possibilità che i paesi dell’Europa meridionale a trazione progressista (c’è anche il Portogallo) possano fare asse e cominciare a farsi sentire.

IL NEOPREMIER, alla guida di un monocolore del Psoe, ha selezionato i membri del suo gabinetto anche sulla base di un altro criterio: gli equilibri nel partito. Doveva tranquillizzare la potente ex antagonista interna, la governatrice andalusa Susana Díaz, e così ha fatto: Montero, la titolare delle finanze, arriva direttamente dal governo regionale di Siviglia, ed è persona di assoluta fiducia di Díaz. Accontentato anche l’altro grande «barone» locale, il valenziano Ximo Puig: la ministra della sanità Carmen Montón svolgeva fino a ieri lo stesso compito nell’amministrazione regionale, riuscendo, tra l’altro, a bloccare molte privatizzazioni di ospedali decise dalla precedente giunta del Partido Popular. Esterni al partito sono figure della «società civile»: oltre al giudice Marlaska, la pubblico ministero Dolores Delgado, che guiderà il ministero della giustizia, l’astronauta Pedro Duque chiamato ad occuparsi di università e ricerca, e Maxim Huerta, giornalista e scrittore che occuperà il dicastero della cultura.

Formalmente non iscritta, perché magistrata, ma da sempre vincolata al Psoe di cui è attualmente la capogruppo parlamentare, è la nuova ministra della difesa Margarita Robles. Con lei, in tutto le toghe al governo sono tre: se Delgado e Robles sono note esponenti delle correnti di sinistra di giudici e pm (le carriere sono separate), Marlaska sfugge alle etichette. Attualmente è membro del Csm iberico su proposta del Pp, ma in passato aveva acquisito notorietà per il suo coming out e per le battaglie per i diritti di omosessuali e trans.

L’ESECUTIVO può da oggi entrare in azione, senza bisogno di un voto di fiducia: sufficiente la sfiducia costruttiva a Mariano Rajoy con la contestuale investitura di Sánchez dello scorso primo giugno. In parlamento una maggioranza politica vera e propria non c’è: su ogni provvedimento i socialisti, che hanno 85 seggi su 350, dovranno cercare il consenso di Podemos (71 deputati) e delle forze nazionaliste basche e catalane che hanno reso possibile la cacciata del Pp. Tutto da vedere se si svilupperà un rapporto con i centristi (che guardano a destra) di Ciudadanos. Molto dipenderà dalla gestione del problema più delicato: la questione catalana. I prossimi mesi diranno se il governo ambisce a durare fino a fine legislatura (2020): se i sondaggi indicheranno un gradimento, Sánchez potrebbe decidere di andare al voto anticipato per capitalizzare il consenso e avere numeri più confortevoli in parlamento.

Comunque sia, un vento di cambiamento c’è, e non è solo l’avvicendamento al palazzo della Moncloa a mostrarlo. Cambia anche il vertice del più influente quotidiano spagnolo, El País: via il centrista Antonio Caño, al suo posto Soledad Gallego-Díaz, schierata più a sinistra. Sarà la prima donna a dirigere il giornale.

ABBONAMENTI

Passa dalla parte del torto.

Sostieni l’informazione libera e senza padroni.
Leggi senza limiti il manifesto su sito e app in anteprima dalla mezzanotte. E tutti i servizi della membership sono inclusi.

I consigli di mema

Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento