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Quel che non ha fatto il terremoto lo fa il silenzio mediatico

Quel che non ha fatto il terremoto lo fa il silenzio mediaticoCamerino dopo la scossa dell'ottobre 2016

Camerino Se le violente scosse sismiche che hanno colpito le Marche non hanno provocato vittime, sono le condizioni precarie e traumatizzanti del dopo terremoto a rischiare di provocarne

Pubblicato più di 6 anni faEdizione del 24 febbraio 2018

Lo sconforto dei terremotati in attesa che qualcuno decida se e come ricostruire i luoghi distrutti, trova sollievo nell’attenzione dell’opinione pubblica alla loro sorte, nel sapere di non essere dimenticati.

Nel caso di Camerino, città chiusa dopo il sisma del 24 ottobre 2016, la lunga attesa si è accompagnata a un lungo silenzio mediatico sulle conseguenze dei ritardi nelle soluzioni operative.

Così si ignora come il prolungarsi del divieto di entrare nel centro storico di Camerino, lesionato al 90% (zona rossa di 248mila mq), costringa i residenti, molti anziani e malati, da oltre 16 mesi lontano dalla propria casa e dalle proprie occupazioni, impedisca l’accesso alla biblioteca (lasciata a se stessa) e le attività didattiche nel Palazzo Ducale e negli altri edifici storici dell’ateneo fondato nel 1336, precluda la ripresa della vita quotidiana.

Così, se le violente scosse sismiche che hanno colpito le Marche non hanno provocato vittime a Camerino, sono le condizioni precarie e traumatizzanti del dopo terremoto a rischiare di provocarne.

Di fronte al disinteresse generale, 56 professori universitari l’11 gennaio hanno chiesto al Presidente del Consiglio di potenziare l’azione di ricostruzione assicurando le risorse necessarie ad assumere più speditamente le misure in grado di superare la drammatica situazione di stallo.

A manifestare solidarietà e sottoscrivere l’Appello per una tempestiva ricostruzione di Camerino, sono alcuni dei tanti docenti che hanno avuto la fortuna, incluso chi scrive, di insegnare nella piccola ma prestigiosa Facoltà di Giurisprudenza che fu di Emilio Betti e Norberto Bobbio.

Sebbene ora siano impegnati altrove hanno mantenuto il ricordo di una città ospitale, accogliente, oggi morente, spettrale. Sono non solo di giuristi, alcuni dei quali con alte funzioni giurisdizionali (Giorgio Gaja, giudice della Corte Internazionale di Giustizia Onu all’Aia) o hanno ricoperto rilevanti cariche istituzionali (da Luciano Violante, a Giovanni Verde; da Antonio Baldassarre e Romano Vaccarella, a Luigi Labruna), ma anche economisti (Piervincenzo Bondonio, Giorgio Brosio, Luciano Milone, Mario Sebastiani), filosofi del diritto (Luigi Ferrajoli), storici (Marina Caffiero, Mauro Canali, Eva Cantarella, Simona Colarizi, Emilio Gentile, Luciano Zan) e molti altri.

La notizia dell’Appello, la notorietà di alcuni firmatari, ha spinto qualche giornale a riaccendere i riflettori su Camerino inducendo il Commissario Straordinario ad annunciare l’impegno del Governo ad accelerare i tempi di consegna delle “casette” (Sae) agli sfollati e di valutazione delle opzioni di ricostruzione all’esame del Comune.

Ma per dare fiducia in un progressivo ritorno alla normalità servirebbe che agli interventi d’emergenza, seguissero, senza indugi e in modo trasparente, gli adempimenti per le gare d’appalto e i cronoprogrammi di inizio e fine dei lavori di restauro e consolidamento pensati per prevenire ulteriori disastri e, con le dovute cautele, la graduale apertura dei cantieri e della circolazione stradale.

E al riguardo, più che il contagocce informativo, aiuterebbe un continuo monitoraggio mediatico sul rispetto degli impegni del governo e sulla scelta di progetti di ricostruzione che includano sistemi antisismici in grado di garantire condizioni di assoluta sicurezza alla vita della città e della sua antica università.

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