Si comincia in maniera molto semplice nell’emergenza perché «purtroppo abbiamo un’esperienza, che è quella del 2014, che ci ha insegnato una cosa: i processi di autorganizzazione e gestione immediata degli interventi in città sono la cosa più efficace. Perché i provvedimenti più seri hanno bisogno di più tempo per essere organizzati, mentre le amministrazioni locali vecchie e nuove che intervengono sul territorio hanno una cognizione di causa più precisa, e anche una capacità di intervenire più efficace». Nicola Mancini, dello Spazio Autogestito Arvùltura, parla chiaro.

L’amministrazione è assente, dopo la passeggiata a Pienello di Ostra non si è più vista. Ma i cittadini hanno bisogno di spalare, buttare, sfangare, piangere e l’aiuto arriva da fuori. Ci si organizza con le macchine, gli stivali, le pale e gli stracci: c’è chi porta i secchi e i guanti, chi arriva solamente. L’importante è esserci, perché non si è mai abbastanza in queste situazioni, e il tempo è poco: il fango è maligno, quando si secca e si asciuga diventa come cemento. Bisogna toglierlo in fretta, mettere al caldo le persone, dare loro un pasto caldo: la pioggia tornerà nei prossimi giorni.

Oltre l’Arvultura, anche le Brigate Volontarie per l’Emergenza delle Marche, insieme alle Brigate di Solidarietà Attiva e l’Unione Popolare. «Un coordinamento autogestito», perché la solidarietà è un’arma «e senza populismi ‘il popolo aiuta il popolo’. Domenica 18 settembre sono circa 200 le persone che arrivano allo spazio per dare una mano, punto base per organizzare l’intervento a Senigallia e nei Paesi vicini. Ma non solo: alla Caritas si raccolgono abiti, sacchi, stivali e saponi. Al Seminario cittadino si porta tutto quello che può essere utile agli sfollati, o a chi, semplicemente, in casa non ha più nulla. Su ‘Voggue Marche’, pagina di intrattenimento locale, ci si trova per scambiarsi informazioni: dove andare, chi è disponibile ad aiutare, dove c’è più bisogno in quel momento. Nell’epoca dei social anche nei disastri ci si coordina online: si condividono foto, momenti, risate. Nelle strade arrivano ragazzi dai paesi limitrofi: Jesi, Ancona, Fano, sono tutti giovanissimi. C’è un risvolto burocratico, però, che nessuno ha dimenticato, ma che nella spinta dei primi giorni resta dormiente sotto i chili di fango in città. «Con i mezzi che abbiano, che non sono professionali, aiutiamo le persone grazie anche alla conoscenza del territorio e il contatto diretto. È la forza della solidarietà».

Restano i dubbi sulle allerte, sugli allarmi mancanti, sul futuro degli aiuti di cui la popolazione necessiterà nelle prossime settimane. Negli hotel lungo la costa si offrono tra camere e passaggi, chi può va da amici o parenti, altri si rifugiano lontano, cercando di dimenticare il fango di casa. Ci sarà tempo anche per la giustizia, ma ora è il momento di aiutare.