La Cina tesse la tela, anche se l’Europa dà qualche segnale di volerla disfare. Due mesi e mezzo dopo il “grand tour” di Wang Yi, il capo della diplomazia del Partito comunista cinese, questa settimana il protagonista è Qin Gang, alla sua prima trasferta europea da ministro degli Esteri.

L’ACCOGLIENZA per lui non è stata delle migliori, visto che l’Ue è in procinto di proporre sanzioni contro 8 aziende cinesi che avrebbero in qualche modo supportato la Russia durante la guerra in Ucraina. Sarebbe la prima volta. Il governo e i media di Pechino hanno espresso la loro opposizione per qualsiasi azione che usi le relazioni sinorusse come «pretesto per danneggiare la cooperazione commerciale». Per la Cina, un totale «accordo sulla crisi in Ucraina non dovrebbe essere un prerequisito per le relazioni con l’Ue». Le paventate ritorsioni di Pechino in risposta alle sanzioni rischierebbero di interrompere il processo di dialogo riavviato negli ultimi mesi, quando una serie di leader europei si è presentata da Xi Jinping. A partire da Olaf Scholz. Non è un caso che il viaggio di Qin sia cominciato proprio dalla Germania, dove ha incontrato ieri l’omologa Annalena Baerbock. La ministra tedesca ha chiesto alla Cina di scegliere da che parte stare: «La neutralità si riduce a schierarsi con l’aggressore», ha dichiarato. Richiesta respinta da Qin, che la ritiene controproducente: «La questione ucraina è molto complessa e la semplificazione e l’emozionalizzazione non servono: l’unica via d’uscita è rimanere calmi e razionali per creare le condizioni per una soluzione politica».

EPPURE, diversi segnali lasciano intendere che tra Europa e Stati uniti stia crescendo la voglia di un congelamento del conflitto su condizioni favorevoli a Kiev, dopo l’attesa controffensiva. E non si esclude più il coinvolgimento della Cina al tavolo negoziale. Non lo fa da tempo, anzi lo auspica, Emmanuel Macron. Ora non chiude più nemmeno Antony Blinken, che è in attesa di riprogrammare il viaggio in Cina. Maggiori speranze dopo l’incontro tra Qin e l’ambasciatore americano a Pechino, Nicholas Burns, nel quale il diplomatico cinese ha definito «imperativo» stabilizzare le relazioni.

La sensazione è che Cina ed Europa stiano studiandosi a vicenda, per capire se e come si può essere in grado di trovare un punto d’incontro sulla questione ucraina. Anche se gli entusiasmi per la telefonata tra Xi e Zelensky hanno lasciato posto alla consapevolezza che Pechino non ha interesse a mollare Mosca. Nel frattempo, la Cina cerca di convincere i paesi europei che non conviene inasprire i rapporti.

QIN HA PROVATO anche a spegnere la polemica per il rinvio della visita del ministro delle Finanze Christian Lindner, richiesto in extremis per «altri impegni» dell’omologo cinese. Il partito di Lindner (Fdp) è la componente più scettica della coalizione tedesca sui rapporti con Pechino. E di recente la sua ministra della Ricerca Bettina Stark-Watzinger è stata a Taiwan.
Le altre tappe di Qin sono Francia e Norvegia, porta d’accesso all’Artico. Anche il vicepresidente Han Zheng è in Europa: si è spostato dal Regno unito al Portogallo e andrà poi nei Paesi bassi. A complicare una vera distensione c’è però anche il nuovo scontro fra Cina e Canada. Ottawa ha espulso il diplomatico cinese Zhao Wei, accusato di intimidazioni verso un parlamentare canadese. Pechino ha risposto espellendo Jennifer Lynn, console a Shanghai. Se ne parlerà al G7 di Hiroshima, che si sovrapporrà in parte al primo summit fisico tra Xi e i 5 presidenti delle repubbliche ex sovietiche dell’Asia centrale. A Xi’an non ci sarà Vladimir Putin.