Sono molti gli aspetti del “Qatargate” che meriterebbero un’attenzione politica che per il momento si sta concentrando su altro. C’è la sovrapposizione, per non dire equiparazione, tra Organizzazioni non-governative e lobby; accorgersi d’un tratto che nel Parlamento europeo agiscono “forze” informali con loschi interessi politici o economici riconducibili a poteri forti o Paesi stranieri; mettere nello stesso calderone azioni lobbistiche e corruzione.

Se la stampa ci ha messo del suo nel dipingere questo quadro a tinte fosche, il sigillo lo ha apposto la presidente Roberta Metsola che, all’ultima sessione plenaria di Strasburgo ha esordito denunciando che «l’europarlamento è sotto attacco» che «la democrazia europea è sotto attacco da parte di attori maligni, legati a Paesi autocratici che provano a soffocare i nostri processi». Queste gravi accuse si rivolgono indistintamente a Ong quanto a emissari o agenti di regimi anti-democratici.

In Italia il termine Ong è apparso da poco nel dibattito pubblico, tecnicamente si riferisce a gruppi che funzionano indipendentemente da qualsiasi governo e solitamente senza scopo di lucro. I finanziamenti possono però arrivare anche da governi o organizzazioni internazionali come la Commissione europea o la stessa Onu. Le Ong, chiamate anche organizzazioni della società civile, sono istituite e/o registrate a livello comunitario, nazionale e internazionale per servire un obiettivo sociale o “politico”. Da cause umanitarie alla protezione dell’ambiente, dalla salute alle emergenze sanitarie, dall’istruzione alle infrastrutture fino alla difesa dei diritti delle minoranze, la lotta alla povertà e la riduzione della criminalità. In Italia recentemente il termine è stato associato ai salvataggi in mare. Le Ong fanno di tutto.

È infatti grazie a coalizioni mondiali di Ong se negli anni sono stati adottati trattati internazionali importantissimi, come contro le mine anti-uomo – la cui campagna ha vinto il Nobel per la pace nel 1997 -, la Corte penale internazionale, le conferenze sul clima o il recente accordo sulla biodiversità. Si tratta di gruppi specializzati nel diritto internazionale che cercano di “influenzare” il processo di stesura e adozione di nuove regole rifacendosi a trattati e convenzioni esistenti nel tentativo di ampliarle a nuove realtà come la privacy o la guerra cibernetica. Ci sono anche Ong che si oppongono al progresso del diritto internazionale, specie in merito ad aborto o clonazione terapeutica.

Mentre poco si sa di Fight Impunity, la Ong fondata nel 2019 dall’ex eurodeputato Antonio Panzeri, Non c’è pace senza giustizia, il cui segretario Niccolò Figà-Talamanca è stato arrestato con Panzeri, ha 30 anni di onorata carriera per l’avanzamento del diritto penale internazionale e l’affermazione dei diritti umani. Fin dai primi anni ’90 ha agito perché si creassero i Tribunali ad hoc per la ex-Jugoslavia e il Ruanda, arrivando a guidare la coalizione di Ong che nel ‘98 portò all’adozione dello Statuto di Roma della Corte penale internazionale. Questo tipo di lavoro la accomuna a Human Rights Watch o Amnesty International, ed è una via di mezzo tra le consulenze giuridiche e azioni para-diplomatiche. Ma anche questo è un lavoro da Ong.

Non c’è pace senza giustizia sfugge all’incasellamento delle Ong legali perché nei casi di Slobodan Milosevic e Charles Taylor, piuttosto che articolare raccomandazioni di buona condotta a chi violava il diritto umanitario internazionale, si è adoperata per individuare catene di comando e relative responsabilità politiche e criminali dei governi serbo e liberiano.

Dagli anni Duemila ha girato l’Africa per mettere al bando le mutilazioni genitali femminili e promosso riforme democratiche nel mondo arabo. Figà-Talamanca ha seguito personalmente l’arresto del leader della lotta antischiavista in Mauritania Biram Dah Abeid, del parlamentare sciitia del Bahrein Khalil al-Marzooq e l’omicidio di Jamal Ahmad Khashoggi. Iniziative che procurano più nemici che cash.

Occorrerebbe maggiore attenzione quindi nel denunciare i «nemici della democrazia europea» perché non sempre vengono da “fuori”, mentre di rado si rende onore a chi mette in mora comportamenti contra legem delle istituzioni continentali. È qui che dovrebbe concentrarsi l’attenzione mediatica e istituzionale, e non (solo) su presunte questioni morali estranee alla politica.