Qatargate all’acqua dolce, l’emiro recinta tre laghi
A essere conteso è l'Alto Río Chubut Qatargate all’acqua dolce, l’emiro recinta tre laghi
A essere conteso è l'Alto Río Chubut Qatargate all’acqua dolce, l’emiro recinta tre laghi
Non c’era momento più difficile in Argentina per celebrare la Giornata mondiale dell’acqua. Come se non bastasse l’inflazione che ha sfondato il tetto del 100% e le severe misure di aggiustamento imposte dal Fmi, il paese vive la peggiore siccità degli ultimi 60 anni, con tutte le sue pesanti conseguenze economiche: raccolti scarsissimi di soia e di mais e crollo delle esportazioni agricole, per una perdita stimata di 15 miliardi di dollari. E mentre la pioggia scarseggia, contro le fonti d’acqua del paese si moltiplicano le aggressioni, spesso per mano di stranieri.
È quanto sta avvenendo, per esempio, nell’Alto Río Chubut, nel Río Negro, dove lavoratori al soldo dell’amministratore della tenuta El Foyel Andrés Saint Antonin, vincolato dalla stampa argentina all’emiro del Qatar Tamim bin Hamad Al Thani (ma in gioco sembrano esserci anche capitali degli Emirati arabi), hanno recintato illegalmente tre laghi di alta montagna, esattamente là dove nasce il Río Chubut, che scorre per 800 chilometri rifornendo d’acqua gran parte della popolazione rionegrina. E questo in un quadro in cui i ghiacciai della Cordigliera stanno perdendo massa a ritmo sostenuto a causa del riscaldamento globale.
La denuncia è partita all’inizio di febbraio dalla comunità mapuche Cayunao, quando ancora non si era spenta l’eco della feroce repressione nei confronti della settima marcia di denuncia contro l’appropriazione del Lago Escondido da parte del miliardario britannico Joe Lewes: un altro caso di privatizzazione illegale di una fonte d’acqua. Proprio come illegale è la recinzione contro cui si oppone la comunità mapuche, a cui una sentenza emessa nel 2004 dal giudice Emilio Riat aveva riconosciuto il possesso del territorio.
La comunità Cayunao, guidata in particolare da una donna, Soledad Cayunao, e affiancata dal Movimiento de Mujeres y Diversidades Indígenas por el buen vivir, non si arrende, invitando gli abitanti della provincia a difendere le sorgenti del fiume. «Noi mapuche – spiega Soledad – siamo un popolo spirituale, connesso alla natura e alle fonti d’acqua. Per questo, quando la terra e l’acqua sono in pericolo, noi cominciamo ad ammalarci». Già nel 2021, racconta, era stato scongiurato un tentativo di recinzione dell’area, ma ora il territorio «è di nuovo in pericolo». Come se non bastassero la deforestazione, la monocoltura di pino, l’introduzione di specie aliene: «Dalla cima della Cordigliera possiamo vedere quanto grave sia il loro impatto. Ed è sempre così: quando gli stranieri avanzano sul nostro territorio, arrecano danni irreparabili».
Non stupisce allora che la «extranjerización» della terra in Argentina, cioè la cessione agli stranieri di fasce sempre più estese di territorio, avanzi senza incontrare ostacoli, a dimostrazione di quanto fosse innocua la Ley de Tierras promossa dal kirchnerismo per arginare il fenomeno (poi ulteriormente flessibilizzata dal governo Macri).
E così ora oltre 12 milioni e mezzo di ettari (un po’ meno della metà del territorio italiano) risultano in mano a imprese straniere, in una classifica che è guidata dal Gruppo Benetton (con 900mila ettari) e vede ben piazzato anche Joe Lewis (con 38mila ettari, compreso il Lago Escondido). Non sfigura però neppure l’emiro del Qatar, il quale, in Patagonia, possiede 28mila ettari tra Bariloche e El Bolsón, alla frontiera con il Cile, acquistati in maniera irregolare nel 2017, il centro sciistico Baguales e azioni della Exxon Mobile che opera a Vaca Muerta (il territorio, grande quasi come il Belgio, nella Patagonia argentina, considerato la quarta riserva al mondo di shale oil e la seconda di shale gas).
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