Qatar, un Mondiale da cartellino rosso
Calcio Violazione dei diritti umani a parte, la messa in scena del più grande spettacolo planetario è insostenibile anche dal punto di vista ambientale
Calcio Violazione dei diritti umani a parte, la messa in scena del più grande spettacolo planetario è insostenibile anche dal punto di vista ambientale
Si sono svegliati tardi in tanti. Forse volutamente tardi, perché i Mondiali in Qatar – che partono tra poche ore – produrranno un giro d’affari gigantesco: 17 miliardi di dollari secondo gli organizzatori, mentre per la Fifa dovrebbe esserci un introito superiore ai 6,5 miliardi di dollari, con oltre tre milioni di biglietti per le partite venduti in tutto il mondo. Di fronte a queste cifre, la questione ambientale, parimenti alla violazione sistematica dei diritti delle donne, o della comunità Lgbt, oppure la morte di migliaia e migliaia di migranti, appare solo sullo sfondo, in dissolvenza.
IN NOME DEI SOLDI VALE TUTTO. Anche l’opzione di Fifa e organizzazione di non sentirsi in dovere di scusarsi per aver annunciato negli anni scorsi di volere i Mondiali carbon neutral. Pura utopia, era solo un’operazione greenwashing e lo si sapeva da mesi: uno studio di Carbon Market Watch ha mostrato come la quantità delle emissioni di Co2 equivalente durante i Mondiali sarà l’equivalente del consumo annuale in Islanda, moltiplicato per otto.
SECONDO LA FIFA, L’EVENTO GENERERA’ 3,6 milioni di tonnellate di CO2 equivalente (2,1 tonnellate ai Mondiali russi del 2018), considerando le emissioni dirette e indirette degli alloggi, della costruzione delle infrastrutture e dei viaggi. Senza dimenticare l’impatto degli aerei-navetta.
COME PIANO PER LA SOSTENIBILITA’ ambientale, l’organizzazione aveva pensato a una strategia basata sull’acquisto di crediti per compensare le emissioni e poi soluzioni tecnologiche all’avanguardia per ridurre il fabbisogno e i consumi degli impianti, gestire al meglio i rifiuti ed evitare gli sprechi di acqua. Uno dei main sponsor, la casa automobilistica nipponica Hyundai, ha messo a disposizione la metà della flotta in veicoli elettrici per il trasporto dei passeggeri durante la competizione. Altri sponsor hanno provato a sposare la linea green, ma non basta. Il fiasco ambientale è dietro l’angolo, la Fifa tra l’altro alla Conferenza delle Nazioni Uniti sui cambiamenti climatici ha presentato il suo piano per raggiungere lo status di carbon neutral entro il 2040. Per ora, sono solo parole.
CI SONO OMBRE ANCHE SUL CONSUMO di acqua: serviranno circa 10 mila litri di acqua per ogni partita di Coppa del Mondo. Sempre The Guardian ha rivelato che il Qatar, che non dispone di riserve di acqua dolce, sta procedendo al processo di desalinizzazione dei mari, con elevatissimo impatto per l’ecosistema marino. Il Qatar fa parte dei paesi del Consiglio di cooperazione del Golfo (Gulf Cooperation Council, GCC) che sono tra i più alti consumatori di acqua, nonostante la scarsa dote a disposizione. Addirittura i vicini di casa degli Emirati consumano in media 500 litri di acqua al giorno a persona, il 50% in più della media mondiale. Inoltre, la desalinizzazione richiede l’impiego di molta energia: l’Arabia Saudita, il più grande produttore, rappresenta un quinto della produzione mondiale, con circa 30 impianti di desalinizzazione che bruciano 300 mila barili di greggio al giorno. Anche sull’impatto ambientale dei Mondiali le Ong non hanno mai fatto mancare i loro dubbi.
SI SONO SVEGLIATI TARDI IN TANTI anche sulla questione dei diritti umani. Solo le Ong e diverse associazioni hanno evidenziato il dramma dei diritti violati, sin dal 2010, quando la Fifa di Joseph Blatter ha assegnato i Mondiali al Qatar. D’altronde, la conferma sull’aria che tirerà in Qatar tra un gol e un assist è arrivata dal brand ambassador dei Mondiali, Khalid Salman. «L’omosessualità è contro la legge ed è una malattia mentale», la frase detta alla tv tedesca ZDF rivela la volontà dei qatarioti di far capire che l’evento è loro, le leggi da rispettare sono quelle loro. Se si gradisce un assaggio della torta, ovvero degli incassi dai Mondiali, che si giochi e pure in silenzio. E quindi si potrebbe assistere alla repressione per i tifosi allo stadio con una bandiera arcobaleno. E’ un provvedimento annunciato mesi fa, sono previste pene fino a 11 anni di carcere. Così come la Fifa ha respinto la richiesta della Danimarca di indossare magliette per gli allenamenti con la scritta Diritti umani per tutti. Anzi, l’invito, piuttosto energico, del presidente della Fifa, Gianni Infantino, alle federazioni è stato di concentrarsi sul calcio, cosa importa dei diritti, si va in Qatar per giocare, per aprire il registratore di cassa, per far contenti gli sponsor. E poi, quando mai il calcio ha preso posizione su questioni così rilevanti?
INSOMMA, CHE NESSUNO IMPORTUNI chi dirige la baracca, ovvero la Fifa stessa e gli organizzatori della competizione. Il monito della Fifa non è piaciuto a tutte le federazioni, Inghilterra e Galles, Olanda davanti a tutte. Gli Stati Uniti hanno ridisegnato lo stemma sulle maglie, inserendo un riferimento alla comunità Lgbtq+, mentre da Brasile, Francia e altri colossi dei Mondiali c’è stato un allineamento sulle posizioni della Fifa. Quindi qualche voce fuori dal coro c’è. In Germania diverse tifoserie si sono schierate per il boicottaggio dei Mondiali in nome dei migranti morti sui cantieri, migliaia di indiani, pakistani deceduti per il troppo caldo, senza protezione sanitaria. Morti documentate da una serie di inchieste del quotidiano The Guardian, cheha mostrato in un reportage le condizioni inumane (in otto in una camera, senza privacy, senza acqua) in cui i migranti hanno vissuto nei lunghi mesi di lavoro sui cantieri.
NULLA CHE ABBIA SCOSSO ORGANIZZATORI e Fifa, che hanno ammesso qualche eccezione sul consumo di alcolici – che sarà consentito solo con l’acquisto di bevande nei bar dei lussuosi hotel – poiché Budweiser, uno dei main sponsor (75 milioni di dollari alla Fifa) ha preteso che ci fossero dei punti vendita nella vicinanza degli stadi. Il New York Times ha scritto che questi punti vendita sarebbero in realtà stati collocati non proprio a favore di smartphone, tv e camere. I reali sauditi non vorrebbero turbare la popolazione locale. Insomma, i boccali di birra come gli omosessuali, se possibile da nascondere. Ma, a differenza delle associazioni omosessuali, il peso di Budweiser e degli altri munifici sponsor non è preso alla leggera, si troverà una soluzione, dove girano così tanti soldi si trova sempre un compromesso. Che è poi stato il primo pensiero di Blatter quando assegnò i Mondiali prima alla Russia e poi al Qatar. Lo stesso pensiero del CIO che ha consegnato le Olimpiadi invernali di Pechino alla Cina, eventi giganteschi affidati a potenze con enorme margine di crescita economica ma non esattamente democratiche.
NULLA DI STRANO, DUNQUE, SEBBENE produca un flusso di bile l’intervista a un quotidiano svizzero di Blatter secondo cui è stato un errore assegnare i Mondiali al Qatar. E poiché il dado è tratto, c’è pure spazio per la damnatio memoriae: esattamente un anno fa il responsabile dell’organizzazione dei Mondiali, Nasser Al Khater, ha negato l’esistenza di una legge contro gli omosessuali. Si può tutto insomma, in nome dei Mondiali.
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