Putin torna alle maniere forti, raid negli uffici dell’oppositore Navalny
Russia Da Murmansk a San Pietroburgo è la più grande operazione repressiva del ministero degli Interni dal 2012 ad oggi. Le forze dell’ordine hanno cercato prove e indizi nei locali dell’associazione Fondo anti-corruzione per suffragare le accuse di riciclaggio di denaro e associazione a delinquere. Graziata solo la capitale
Russia Da Murmansk a San Pietroburgo è la più grande operazione repressiva del ministero degli Interni dal 2012 ad oggi. Le forze dell’ordine hanno cercato prove e indizi nei locali dell’associazione Fondo anti-corruzione per suffragare le accuse di riciclaggio di denaro e associazione a delinquere. Graziata solo la capitale
Era ancora notte fonda ieri a Mosca quando all’alba a Vladivostok e Chabarovsk nell’Asia più estrema sono iniziati i raid della polizia nelle sedi del Fondo anti-corruzione, l’associazione fondata dall’oppositore russo Alexey Navalny nel 2007. Alla fine della giornata le forze di polizia avevano fatto irruzione in oltre 150 sedi e abitazioni di gruppi e personalità dell’opposizione e in 41 dei 45 dei quartier generali del Fondo anti-corruzione. Si tratta della più grande operazione repressiva contro l’opposizione del ministero degli interni russo dal 2012 ad oggi. Non c’è stata grande città della Federazione che non sia stata toccata dall’azione della polizia di ieri, con esclusione solo della capitale: da Murmansk a San Pietroburgo, da Rostov su Don a Ekaterinburg le forze dell’ordine hanno cercato prove e indizi nelle sedi e negli appartamenti dell’opposizione per suffragare quelle accuse di riciclaggio di denaro e associazione a delinquere contro Navalny promosse dalla magistratura già nel pomeriggio del 10 agosto quando a Mosca si tenne la grande manifestazione dell’opposizione a cui parteciparono 45mila persone.
Stupore e rammarico è stato espresso da molti osservatori per questa azione della polizia. Ultimamente si era assistito a una certa apertura dei centri del potere che solo 10 giorni fa avevano lasciato sfilare una manifestazione non autorizzata nella capitale. Ma dopo un po’ di carota ora si torna al solito bastone: una schizofrenia di atteggiamenti che potrebbe rimandare a un’incertezza e divisione all’interno del Cremlino su come affrontare un ampio movimento che proprio domenica ha ottenuto nelle elezioni di Mosca il più grande dei successi conquistando il 45% dei seggi nel consiglio comunale.
Secondo i sostenitori del movimento la polizia avrebbe utilizzato durante le perquisizioni metodi illegali e poco ortodossi. In alcune realtà le forze dell’ordine sono entrate nelle sedi grazie all’uso di duplicati di chiavi in loro possesso o sfondando finestre degli stabili. «Ci hanno portato via tutto: telefono, carte di credito e cellulari» riferisce un attivista di Perm. Leonid Volkov, uno dei principali collaboratori di Navalnly ha denunciato che molte perquisizioni sono avvenute «in assenza del personale delle nostre sedi e spegnendo le telecamere di videosorveglianza». La portavoce ufficiale di Navalny, Kira Yarmysh, ha definito le azioni di ieri mattina degli organi di sicurezza «un atto di intimidazione e rapina». Navalny si è detto sicuro che l’azione della polizia «si concluderà con un clamoroso buco nell’acqua» perché «evidentemente tutto il procedimento penale è stato fabbricato».
Non è la prima volta da quando alla metà degli anni 2000 Navalny è entrato in politica che la sua attività è stata posta nel mirino della magistratura e della polizia. Navalny nel 2013 fu riconosciuto colpevole dell’appropriazione indebita di legname per circa 16 milioni di rubli (500mila dollari al cambio di allora) da un’azienda di proprietà statale. Navalny affermò di essere stato vittima di una montatura del governo volta a impedire la sua ascesa politica proprio quando a Mosca in quell’anno aveva ottenuto contro ogni previsione il 27,2% dei voti nelle elezioni per la carica di sindaco della città. Una tesi sostanzialmente condivisa dalla Corte europea dei diritti dell’uomo: nel 2016 quest’ultima ha stabilito che la Russia aveva violato il diritto di Navalny a un processo equo e ordinato al governo di pagargli 56mila euro per spese legali e danni. Tale condanna tuttavia gli impedirà poi di partecipare alla corsa per la presidenza della Federazione Russa del 2018 quando Putin trionferà plebiscitariamente con il 67,5% dei suffragi.
Navanly si è sempre definito politicamente un «centrista» e un «liberal» invocando trasparenza nella vita economica sociale e del paese e un vasto programma di liberalizzazioni che ha trovato spesso il consenso di quote di quella piccola-borghesia urbana sorta nelle grandi città durante il boom dell’economia russa di inizio millennio quando il prezzo del petrolio si collocava stabilmente sopra i 100 dollari al barile. Inizialmente strizzò anche l’occhio alle pulsioni xenofobe della popolazione russa nei confronti dei migranti delle ex repubbliche sovietiche controasiatiche ma ruppe ben presto qualsiasi legame con la destra estrema.
Programmi e slogan del suo movimento (oltre che il livello di centralizzazione) hanno assonanze con il movimento 5Stelle italiano: non a caso ha più volte speso parole di stima per Beppe Grillo anche se al momento della formazione del governo giallo-verde lo scorso anno in un’intervista all’Ansa dichiarò «di non capire come l’M5s potesse allearsi con la Lega, formazione vicina al corrotto e corruttore Vladimir Putin».
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