Putin ostenta gli asset diplomatici ma la regione sta su linee divergenti
Il limite ignoto Summit del Mar Caspio: il vertice è per Mosca un’altra occasione per ribattere alle parole di Draghi sulla sua presenza al G20 e dimostrare la vacuità delle pretese occidentali sul proprio isolamento internazionale
Il limite ignoto Summit del Mar Caspio: il vertice è per Mosca un’altra occasione per ribattere alle parole di Draghi sulla sua presenza al G20 e dimostrare la vacuità delle pretese occidentali sul proprio isolamento internazionale
Nel suo primo viaggio all’ estero dall’ inizio della guerra, dopo una visita alla repubblica centrasiatica del Tagikistan, Vladimir Putin ha partecipato ieri al VI Vertice dei Paesi del Caspio ad Ashgabat. Con i suoi omologhi di Turkmenistan, Azerbaigian, Kazakistan ed Iran, il presidente russo ha dibattuto l’ampio ventaglio di questioni che concernono gli equilibri di questa regione cruciale, in primis sicurezza, cooperazione economica ed ecologia. Dopo quello dei Brics, la scorsa settimana, il vertice è per Mosca un’altra occasione per ribattere alle parole di Draghi sulla sua presenza al G20 e dimostrare la vacuità delle pretese occidentali sul proprio isolamento internazionale. Al tempo stesso, la realtà della regione è molto più complessa e le posizioni della Russia si trovano minacciate dai contraccolpi della guerra in Ucraina.
Prima della fine dell’Urss, il Mar Caspio, il più grande bacino chiuso sulla terra, costituiva un condominio russo-iraniano. Dopo il 1991 l’apparizione dei tre nuovi Stati rivieraschi e l’apertura delle ingenti risorse energetiche locali agli appetiti delle major occidentali dell’energia ha creato un complesso gioco di rivalità fra i vicini. Sulla scia degli Usa, l’Ue ha cercato a lungo di attingere ai giacimenti di gas del paese oggi ospite, il Turkmenistan, quarto al mondo per riserve accertate. Durante il suo ventennio al potere, Putin ha lavorato alacremente per prevenire simili scenari e riaffermare l’autorità russa sulla regione, scopo in buona parte raggiunto nel 2018 con la sottoscrizione da parte dei cinque paesi della Convenzione sullo status giuridico del Mar Caspio. L’accordo ha diviso il fondo del bacino in sezioni nazionali e, soprattutto vietato ogni presenza militare straniera nella regione, come voluto da Mosca, così come da Teheran.
Nel frattempo la Cina è divenuta la principale controparte economica della regione, assicurandosi l’essenziale delle esportazioni di gas del Turkmenistan a danno dell’Ue. Dal lancio dell’iniziativa strategica cinese della Belt& Road (nota anche come ‘nuova Via della Seta’), e soprattutto dopo l’imposizione delle sanzioni anti-russe, l’importanza del Mar Caspio è divenuta rilevante anche in termini di flussi di transito attraverso l’Eurasia. Con la chiusura dei corridoi attraverso la Russia (come esemplificato dalla situazione attorno a Kaliningrad), la Cina considera ora prioritaria la via transcaspica Kazakistan-Azerbaigian. Quest’ultimo si trova in una relazione di stretta alleanza con la Turchia, fatto che crea notevole apprensione presso russi ed iraniani. Dopo l’esternazione del Presidente kazako K. Tokaev al Forum internazionale di Pietroburgo – in presenza di Putin, Tokaev ha escluso il riconoscimento di modifiche territoriali in Ucraina -, la Russia vede vacillare la lealtà del suo più stretto alleato, alla cui tenuta ha contribuito con il proprio intervento militare durante le rivolte del gennaio di quest’anno. Segno della formazione di un raggruppamento regionale avverso agli interessi russi è stato l’incontro dei ministri degli Affari esteri e dei Trasporti di Kazakistan, Azerbaigian e Turchia a Baku, lunedì scorso.
La visita in Tagikistan ha evidenziato come la Russia veda sorgere problemi anche all’altra estremità del Centro Asia. Dall’abbandono dell’Afghanistan lo scorso anno, gli Usa hanno cercato di assicurarsi un pied-a-terre militare nella regione, per cui proprio il Tagikistan appare quale il candidato prescelto da Washington, come sottolineato da una visita la scorsa settimana dal generale Michael Kurilla, capo del US Centrale Command (CENTCOM), una delle principali strutture della proiezione militare globale americana, responsabile per Medio Oriente ed Asia centrale. Il Centcom ha intensificato l’invio di forniture militari ad un paese che ospita la più grande base dell’Esercito russo all’estero. Il Tagikistan inoltre si oppone al consolidamento del regime talebano in Afghanistan mentre la Russia sembra stia per procedere al suo riconoscimento.
Data la crescita delle presenze cinese e statunitensi, la cooperazione con l’Iran (visitato nelle ultime settimane da molti leader della regione) diviene più rilevante per la Russia. Mosca e Teheran lavorano da decenni ormai allo sviluppo di un corridoio di trasporto Nord-Sud, dal Baltico all’India, atto a bilanciare le influenze che si concentrano attorno al Caspio da Ovest ed Est.
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