Putin gela Draghi e l’Europa: i «paesi ostili» paghino in rubli
Effetto ucraina Varato il decreto che obbliga gli occidentali ad aprire un conto presso la banca di Gazprom, che convertirà gli euro. Secondo «Kommersant» il colosso energetico russo sta studiando nche un piano per sospendere le forniture
I russi hanno lanciato ieri altri due importanti segnali a proposito della «nuova era delle valute» che molti a Mosca, a partire dall’ex presidente Dmitri Medvedev, teorizzano con forza. Il primo segnale riguarda l’iniziativa politica. Il capo del Cremlino, Vladimir Putin, ha firmato nel corso della mattina il decreto sul pagamento in rubli per il gas ceduto a «paesi ostili». Com’è noto dell’elenco fanno parte Unione europea, Gran Bretagna, Stati uniti, Canada e Giappone. «Offriremo a tutti un modello chiaro e trasparente», ha detto Putin nell’intervento trasmesso dalla tv di stato.
IL MODELLO È IL SEGUENTE. Le società straniere che acquistano gas russo devono avere un conto con doppia valuta presso Gazprombank, l’istituto legato al colosso dell’energia ancora libero di operare all’estero. Sul conto dovrebbero depositare euro o dollari. A quel punto Gazprombank interverrebbe per convertire la somma in rubli in base a un tasso fissato dalla Banca centrale russa. Il provvedimento è in vigore da quest’oggi. E intesta alla Commissione governativa per gli investimenti esteri la facoltà di stabilire eventuali eccezioni.
Questa sarebbe la soluzione delle massime istituzioni finanziarie alle «difficoltà tecniche» di cui il portavoce del Cremlino, Dimitri Peskov, aveva parlato soltanto 24 ore prima. L’esito dell’operazione è incerto. «Chi non pagherà sarà considerato inadempiente», ha ribadito Putin.
Il suo parere diverge radicalmente da quello dei clienti europei. I governi del G7 hanno respinto in modo categorico la prospettiva di uno scambio gas contro rubli. «Noi non accetteremo: i contratti stipulati in euro devono essere onorati in euro», ha detto ieri il ministro francese Bruno Le Maire. Il suo collega tedesco Robert Habeck ha fatto sapere che la Germania è pronta a qualsiasi scenario, compreso il blocco del gas: «La cosa più importante è non trasmettere l’idea che possiamo essere ricattabili».
DELLA QUESTIONE HA PARLATO anche il premier italiano, Mario Draghi. «Putin mi ha detto che i contratti esistenti rimangono in vigore, quindi le aziende europee continueranno a pagare in euro o in dollari. Credo non sia assolutamente semplice cambiare la valuta di pagamento senza cambiare i contratti». Draghi ha fatto anche un altro riferimento interessante. Comprando gas russo, ha detto il premier, «stiamo finanziando la guerra, e per questo spingiamo così tanto assieme ad altri per un tetto al prezzo del gas. La Russia non può vendere il gas a nessun altro cliente che non sia l’Europa. C’è lo spazio per arrivare a un tetto. Per ridurre i finanziamenti alla Russia occorre abbassare i prezzi del gas».
Le sue parole conducono al secondo segnale lanciato da Mosca: dopo l’iniziativa politica, gli strumenti per ottenerne il rispetto. Il quotidiano Kommersant ha pubblicato ieri uno scarno resoconto il cui unico obiettivo sembrava mettere al corrente i mercati che Gazprom studia un piano per interrompere le forniture ai «paesi ostili». Questa possibilità era stata esclusa sinora con fermezza da Peskov e dai ministri del governo per le difficoltà industriali che richiederebbe e soprattutto per le ripercussioni economiche sulla Russia stessa. Adesso se ne parla su uno dei più importanti quotidiani nazionali. Come se gli enormi introiti generati dall’export di gas fossero passati all’improvviso in secondo piano rispetto a un obiettivo più importante.
LA DISTINZIONE potrebbe essere proprio qui. Per gli europei si discute di gas. Per la cerchia del Cremlino, e Putin lo ha ribadito ieri, si tratta di «un passo verso la sovranità finanziaria della Federazione russa». Di fronte a questo scenario non bisogna dimenticare che il flusso di gas verso l’Europa non finanzia soltanto la Russia, ma anche l’Ucraina. La rete funziona regolarmente nonostante la guerra. Secondo l’Oxford Institute for Energy Studies il governo di Kiev incassa diritti di transito per un miliardo e 200 milioni di dollari l’anno. L’1% del Pil nazionale. È una cifra considerevole e si capisce nel confronto con i compensi che Gazprom riconosce ad altri paesi. 200 milioni di dollari alla Polonia. Zero alla Bielorussia.
Errata Corrige
Varato il decreto che obbliga gli occidentali ad aprire un conto presso la banca di Gazprom, che convertirà gli euro. Secondo «Kommersant» il colosso energetico russo sta studiando nche un piano per sospendere le forniture
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