Secondo la giunta militare al potere in Mali nella notte tra l’11 e il 12 maggio scorso è stato sventato un tentativo di colpo di Stato, che sarebbe il terzo da quando i militari hanno deposto il presidente Ibrahim Aboubakar Keita, nel 2020. Il tentato golpe è stato attribuito dal governo maliano a un «piccolo gruppo di ufficiali e sottoufficiali» sostenuti da «uno Stato occidentale» di cui non si è fatto il nome, anche se la mente di tutti è andata alla Francia, le cui relazioni con il Mali sono ai minimi storici.

La notizia è stata diffusa da Bamako il 15 maggio e il giorno dopo è stata annunciata la decisione unilaterale di uscire dal G5 Sahel, la forza congiunta anti-jihadista che riunisce i Paesi saheliani in un’alleanza militare con il sostegno di Parigi. Lo scorso febbraio a Bamako era prevista una conferenza proprio del G5 Sahel, che avrebbe dovuto consacrare l’inizio della presidenza maliana del gruppo; riunione mai tenutasi. Bamako accusa i governi dei Paesi del G5 Sahel di opporsi alla presidenza maliana del gruppo, un’opposizione «legata alle manovre di uno Stato extraregionale che cerca disperatamente di isolare il Mali». Anche in questo caso, la mente di tutti è andata alla Francia.

Secondo molti esperti, e secondo anche il presidente del Niger Mohamed Bazoum, la decisione del Mali è la pietra tombale sul G5 Sahel. «Il G5 è morto» ha dichiarato Bazoum in un’intervista al quotidiano francese La Croix, in cui accusa il Mali di aggravare la già difficile situazione della sicurezza nell’area: «Il nostro confine con il Mali è sotto il controllo dello Stato islamico del grande Sahara, Bamako non ha mai preso il controllo degli avamposti in quest’area» accusa Bazoum. Una versione diametralmente opposta a quella della giunta militare di Bamako, che quotidianamente pubblica bollettini contenenti decine di “neutralizzazioni” di presunti jihadisti, possibili grazie al chiacchieratissimo supporto dei mercenari del gruppo russo Wagner.

INOLTRE, NEI GIORNI SCORSI alcune agenzie stampa internazionali hanno rivelato che tra i militari maliani accusati del presunto golpe ci sono dei pezzi importanti della stessa giunta militare: tra loro il più anziano è il colonnello Amadou Keita, membro del Consiglio nazionale di transizione (Cnt, che conta 120 membri) e relatore della Commissione di Difesa del Cnt, vicino a Malick Diaw, presidente del Comitato e numero tre della giunta militare che ha portato al potere il colonnello Assimi Goita. Un altro pezzo grosso della giunta militare arrestato perché tra i presunti responsabili di questo fantomatico golpe è Kassoum Goita, colonnello maggiore tra gli ufficiali che hanno guidato il golpe del 2020. Gli altri imputati, la cui identità è ancora sconosciuta, sono un tenente, un sottotenente e un capo sergente. A loro si aggiunge anche un membro del Movimento di coordinamento dell’Azawad, gli ex-ribelli che hanno firmato un accordo di pace nel 2015: si tratta di Baba Ahmed Ag Ahmeida, arrestato il 7 maggio, quindi prima del presunto tentativo di golpe.

Sembra che all’interno della stessa giunta militare sia in atto un vero e proprio regolamento di conti: lunedì infatti è stato arrestato il generale Moussa Bemba Keita, ultimo ministro della sicurezza del fu presidente deposto Keita, incarcerato con altri ufficiali perché sospettato di appropriazione indebita di fondi pubblici.

Le “purghe” di Bamako sono un segnale di come all’interno dell’esercito e della giunta militare il clima non sia dei migliori e forse in questo c’entrano anche le pesanti sanzioni internazionali che la Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale (Cedeao) ha imposto al Mali che, attualmente, nella regione può contare solo sull’amicizia del Togo e del suo presidente Faure Gnassingbé.

ISOLATO, CON UN’ECONOMIA sempre più in difficoltà anche per effetto delle sanzioni e con un territorio dilaniato dall’insicurezza e dalla paura, il Mali sempre essere sull’orlo del collasso sociale. E non solo: lunedì l’ambasciatore europeo a Bamako ha annunciato un accordo con il ministro degli Esteri maliano Abdoulaye Diop, numero due della giunta, per uno stanziamento di oltre 52 milioni di euro in aiuti alimentari da parte dell’Ue, da assegnare tramite il Programma alimentare mondiale nell’ottica di combattere l’insicurezza alimentare, sempre più marcata.

In un’intervista a Rfi, Ismaël Sacko, presidente del Partito socialdemocratico africano (uno dei partiti maliani che si oppongono alla giunta militare) ha detto che questi ultimi aggiornamenti mascherano un forte disagio all’interno dell’esercito e della giunta stessa: «Abbiamo notizie secondo cui la catena di comando non è rispettata, questo potrebbe spiegare perché il colonnello Assimi Goita preferisce affidare la sicurezza ai “wagneriani” russi.