Missione riarmo europeo, nel nome dell’Ucraina. Nel giorno in cui il Congresso del partito socialista europeo, alla Nuvola di Roma, ha incoronato Nicolas Schmit come candidato alla guida della Commissione Ue, i principali leader socialisti e socialdemocratici hanno ribadito con forza la direzione di un sostegno armato a Kiev. Una mossa che si traduce inevitabilmente nel supporto all’industria bellica come anche nell’aumento delle spese militari dei paesi Ue, anche dopo l’invito a raggiungere l’obiettivo del 2% del Pil in armamenti arrivato dal segretario generale della Nato Jens Stoltenberg.

Lo dice innanzitutto il candidato Schmit, quando nel suo discorso di investitura chiede alla sua famiglia politica di «non abbandonare mai gli ucraini» e anzi invita a «fare di più e con grande urgenza», all’indomani della morte di Alexei Navalny per mano dl regime totalitario russo. Tra i punti del manifesto del Pse per le prossime elezioni europee dell’8 e 9 giugno, approvato ieri dall’assemblea dei delegati insieme alla scelta del candidato, si legge: «La guerra di aggressione della Russia contro l’Ucraina segna un punto di svolta nella storia. Manteniamo fermo il nostro sostegno incondizionato all’Ucraina fornendo assistenza politica, umanitaria, finanziaria e militare per tutto il tempo necessario».

Assistere militarmente finché serve e agire velocemente, quindi. Traduce senza mezzi termini la premier danese Mette Frederiksen, anche lei intervenuta sul palco della Nuvola: «Dobbiamo continuare a sostenere l’Ucraina a mantenere le promesse sulle munizioni. Non si può vincere con le parole». La segretaria Pd Elly Schlein ribadisce il supporto incondizionato a Kiev «con ogni mezzo necessario». Poi, citando il cancelliere tedesco Olaf Scholz, allontana lo spettro dell’invio di truppe di terra in Ucraina, che il presidente francese Emmanuel Macron ha evocato lunedì scorso e che comporterebbe l’inevitabile collisione tra Nato e Russia.

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È toccato infatti a Scholz, sempre dal palco dell’assemblea di Roma, respingere l’ipotesi francese, («non manderemo le nostre truppe in Ucraina e faremo di tutto per mantenere questo tipo di evoluzione»), pur ribadendo che «la guerra finirà quando Putin ritirerà le sue truppe». Il leader Spd risponde a Parigi con l’autorevolezza di capo di governo del principale paese dell’Ue. E proprio di Ucraina ha parlato in un incontro bilaterale con il premier spagnolo Pedro Sanchez, alla guida di uno dei governi meno convinti della scelta bellicista.

Per allontanare la possibilità estrema dei boots on the ground su suolo ucraino, secondo il Cancelliere tedesco è necessario agire in una doppia direzione: da un lato l’Ue deve fare in modo che Kiev non si trovi «mai priva di risorse e munizioni». Dall’altro occorre «investire di più in sicurezza e difesa, affinché nessuno pensi di attaccarci, e costruire una vera industria della difesa».

Il rafforzamento dell’industria bellica europea è diventata ormai un’assoluta priorità dell’Unione. La presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen dettaglierà martedì prossimo a Bruxelles il piano strategico per l’industria della difesa, mentre già alla conferenza sulla sicurezza di Monaco aveva già annunciato la volontà di creare la figura del Commissario alla Difesa Ue, se rieletta al per un secondo mandato.

Sempre più armati per Kiev, gli eurosocialisti prendono invece ulteriormente le distanze da Netanyahu. Parlando della necessità del rispetto del diritto internazionale e di evitare una punizione collettiva per Gaza, Nicolas Schmit ha affermato: «Sono un amico di Israele ma non dimentico che il governo» a Tel Aviv è «di estrema destra». Per questo «chiediamo l’immediato cessate il fuoco, la liberazione degli ostaggi e una conferenza di pace», ha concluso lo Spitzenkandidat.