Economia

Psb, una manovra rischiosa. Bankitalia: dettagli insufficienti

Il ministro Giorgetti durante l’audizione davanti alle Commissioni Bilancio di Camera e SenatoIl ministro Giorgetti durante l’audizione davanti alle Commissioni Bilancio di Camera e Senato – LaPresse

Manovra Servono 25 miliardi, ma l’impianto traballa e le entrate restano incerte. Cresce l’allarme per i sacrifici chiesti da Giorgetti. Il taglio della spesa ridurrà i servizi: trasporti, scuola, sanità e comuni

Pubblicato 15 minuti faEdizione del 8 ottobre 2024

Sarà una manovra di sacrifici per tutti. Il messaggio del ministro dell’economia Giancarlo Giorgetti ieri è arrivato a destinazione. Con accenti diversi, ciascuno con il proprio linguaggio, lo hanno recepito tutti quelli che sono intervenuti davanti alle commissioni bilancio di Camera e Senato sul piano strutturale di bilancio (Psb), la cornice della politica economica all’interno della quale il governo Meloni calerà la sua terza legge di bilancio.

A meno di eventi eccezionali (una pandemia globale, tipo) nessun governo, a cominciare da quello in carica, potrà superare i tetti di spesa.

CIÒ SIGNIFICA BLOCCARE gli investimenti nei servizi sociali e negli enti locali per i prossimi sette anni. Bisognerà innanzitutto tagliare 12, 13 miliardi ogni anno. Una volta rientrati nei parametri stabiliti dal nuovo patto di stabilità europeo, il governo dovrà rispettare il criterio della spesa primaria netta che non dovrà aumentare più dell’1,5% nominale nei prossimi sette anni. Ciò porterà a un calo della spesa reale, dunque alla riduzione di servizi e prestazioni: trasporti, scuola, sanità, comuni, e così via.

I sindaci dell’Anci, le province dell’Upi e la Conferenza delle regioni hanno lanciato l’allarme. Del resto, già la manovra dell’anno scorso aveva infierito sugli enti territoriali. Ma quello era l’inizio. Ora sta per arrivare il resto.

LA CORTE DEI CONTI ha parlato di un Piano strutturale di bilancio che riconfigurerà le prestazioni e i servizi ai cittadini. Sarà un percorso «impegnativo». Nella manovra «saranno necessarie scelte difficili sull’allocazione delle risorse». Anche il presidente di centrodestra del Cnel, Renato Brunetta, è apparso impensierito dal calo della spesa reale e ha esposto l’equazione impossibile che Giorgetti dovrà inventare da quest’anno: da un lato, dovrà tenere il deficit in una traiettoria calante; dall’altro lato, dovrà confermare in maniera strutturale il taglio del cuneo fiscale da 10 miliardi senza fare nuovo deficit. Per questo, ha osservato Brunetta, si dovranno trovare «risorse aggiuntive».

ATTRAVERSO LE TASSE alle banche, alle imprese, ai famosi «extraprofitti» che tali non vanno però chiamati nel «giorgettese» che si parla in via XX settembre? Oppure tagliando, a cominciare dalla pubblica amministrazione? Questo l’ha detto Giorgetti, sono stati in pochi a notarlo, salvo i diretti interessati.

Per Lilia Cavallari, presidente dell’Ufficio parlamentare di bilancio, la manovra sarà di 25 miliardi. La riduzione del cuneo fiscale costerà 10 miliardi. Sarà strutturale ma non sappiamo se sarà riformulata a parità di costo. Per le altre misure siamo intorno ai 15 miliardi. Le risorse da dove possono venire? «Le indicazioni sono generiche: il concordato è una fonte, un’altra è l’evasione fiscale, un’altra la revisione della spesa, ma non ci sono dettagli sulla quantificazione». Insomma, tutto sta ancora per aria.

PER SERGIO ALTIMARI, capo dipartimento economia e statistica di Bankitalia, il Psb «non è esente da rischi», visto che si basa su un equilibrio precario: non è certo che il miglioramento dei conti basato su un congiunturale aumento delle entrate fiscali sia strutturale.

Bastano piccoli scostamenti di bilancio (come quello di Bankitalia che vede il Pil 2025 allo 0,8% e non all’1% come il governo) per portare l’indebitamento netto sotto la soglia del 3% nel 2026. Altimari ha aggiunto che informazioni fornite dal governo sulle «riforme» che dovrebbero accompagnare la nuova disciplina di bilancio «contengono dettagli insufficienti», in particolare: sulla riforma della giustizia, della Pubblica amministrazione, dell’ambiente imprenditoriale, del fisco.

Molto dipenderà da come saranno pensate. Per ora mancano le tempistiche e gli obiettivi. Insomma, pur lungo centinaia di pagine, la «struttura» di questo piano è traballante. E pensare che dovrebbe reggere sette anni.

È STATO ANCHE OSSERVATO che nel piano del governo mancano, non a caso, le informazioni sul controllo della spesa pubblica che dovrà essere tagliata e contenuta. Ovvio: non è che chi taglia dice subito cosa taglierà a chi perderà l’aria da respirare. Sarà un lento soffocamento accompagnato dalla solita commedia sui numeretti. Giorgetti fa una boutade, i suoi compari di maggioranza smentiranno.

Sette anni di austerità non sono una piaga biblica. Li ha accettati il governo Meloni a Bruxelles per avere in cambio l’accreditamento di «serietà» nel club dei liberal-liberisti con l’elmetto e la frusta da usare contro quelle «cicale» degli italiani.

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