«Non dobbiamo dimenticarli, mai» dice una donna al microfono sotto la colonna di piazza Maidan, a Kiev. Nel giorno in cui Zelensky annuncia la controffensiva un gruppo di donne con figli piccoli si è riunita nel luogo più simbolico dell’Ucraina contemporanea, laddove tutto ebbe inizio nel 2014.

IL NUGOLO DI BANDIERE gialloblù che da lontano attirano l’attenzione di passanti e giornalisti ospita una sorta di commemorazione. Su ogni bandiera la scritta «fronte di…» e poi uno dei luoghi in cui si è combattuto in questi mesi. Molte donne portano foto tenute a mo’ di icone con entrambe le mani davanti la vita, altre hanno poster che si sono fatte stampare apposta per l’occasione. Sono mariti, figli, fratelli morti in guerra, dispersi o prigionieri delle forze russe.

Al centro del circolo che si è formato nella piazza assolata arriva una donna che si fa aiutare a stendere una bandiera della 36ª brigata marina di Mykolayiv. Lo stesso reparto che fu decimato nell’attacco alla caserma lo scorso aprile e che poi fu spedito a Mariupol a dar manforte all’Azov. Di quell’unità, stando alle informazioni in nostro possesso, almeno 200 caduti sono stati riconosciuti ufficialmente, un soldato incontrato nel sud, tuttavia, sostiene che il numero sia superiore ai 450.

La donna inizia a parlare, racconta del marito, poi le si spezza la voce e passa il microfono a un bambino che recita una poesia sull’Ucraina. Mentre altri bambini si alternano al microfono chiedo a una donna con una bandiera del «fronte di Sumy» perché è lì. «Per mio fratello» risponde, e prima che continui lei aggiunge «è morto tre mesi fa». Crede che la guerra finirà presto? «Non finché i russi maledetti saranno qui». Un’altra donna, accanto a noi, interviene: «Sono degli assassini, dovete dirlo!». La prima riprende la parola e dice: «Tra poco ci sarà la controffensiva, la pagheranno cara per ciò che hanno fatto». Non si può parlare d’altro e non c’è da meravigliarsi.

FORSE LA DONNA aveva letto che poche ore prima il presidente Zelensky aveva dichiarato al Wall Street Journal che i suoi soldati sono pronti a lanciare la tanto attesa controffensiva. «Crediamo fermamente che avremo successo» ha inoltre aggiunto il leader ucraino «non so quanto tempo ci vorrà. Onestamente, può prendere molte strade diverse. Ma lo faremo e siamo pronti».

Anche il viceministro della difesa ucraina, Volodymyr Gavrylov, ha trattato l’argomento in un’intervista all’agenzia Reuters, ma in modo meno diretto. «I piani dell’Ucraina per una controffensiva rimangono solidi; nonostante un’ondata senza precedenti di attacchi missilistici e droni in tutto il paese nelle ultime settimane, l’Ucraina ha l’ambizione di avviare la controffensiva e liberare i propri territori entro quest’anno».

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A SUPPORTARE L’OTTIMISMO di Kiev è intervenuto un pezzo grosso da oltreoceano, il generale americano in pensione David Petraeus, l’ex capo della Cia. Ai microfoni della Bbc Petraeus ha dichiarato che «la controffensiva sarà molto impressionante» e che gli ucraini metteranno a dura prova la tenuta delle difese russe. Tuttavia, il generale esclude che quest’anno Kiev riesca a riconquistare la penisola di Crimea.

«Tendo a pensare che gli ucraini limiteranno la capacità dei russi di rifornire la Crimea, lungo la costa sud-est, taglieranno quella linea di comunicazione e inizieranno anche il processo di isolamento della penisola». A proposito del presidente russo, Petreaeus ha dichiarato che «ha ancora il controllo totale. Certo, ci sono alcune critiche al ministero della difesa, al capo di stato maggiore Gerasimov e così via, questo è ammissibile. Ma nessuno critica Putin». Il che è piuttosto in controtendenza rispetto alla vulgata occidentale secondo cui “lo zar avrebbe i giorni contati”. Intanto, lungo il confine russo-ucraino, ieri i soldati della Legione «libertà per la Russia» di Ponomarev hanno effettuato un nuovo raid all’interno del territorio russo, rivendicando l’occupazione di alcune zone e sbeffeggiando pubblicamente la risposta militare di Mosca.

MA LA GIORNATA di ieri è stata caratterizzata anche dalla polemica sul prossimo vertice Nato a Vilnius. Come abbiamo scritto più volte Kiev si aspettava di essere in cima all’agenda dei Paesi membri. Sia il segretario generale atlantico Stoltenberg sia altri rappresentanti di spicco dell’Alleanza avevano dichiarato che «l’adesione dell’Ucraina alla Nato sarà il primo punto di cui si discuterà a Vilnius». Ora però il vento sembra cambiato. Secondo alcune indiscrezioni molti Paesi si stanno opponendo a un eventuale ingresso rapido di Kiev nell’alleanza militare. Usa, Gran Bretagna, Francia e, probabilmente, Germania si sarebbero detti pronti a offrire «garanzie di sicurezza» all’Ucraina, ovvero aiuti militari continuativi e supporto logistico/strategico. Copertura, non alleanza.

A tale proposito il presidente Zelensky non ha nascosto il suo fastidio dichiarando che alcuni Paesi della Nato «hanno talmente paura della Russia da non volere l’Ucraina nell’alleanza. Se non saremo riconosciuti o se non ci saranno segnali al vertice di Vilnius, non penso abbia senso per l’Ucraina partecipare al summit».