Internazionale

Progetto Ester: il maccartismo anti-Pal

Una protesta pro-Palestina a New York foto Epa/Olga FedoroUna protesta pro-Palestina a New York – Epa/Olga Fedorova

Elettorale americana L’obiettivo dell'ultradestra trumpiana: usare le leggi su terrorismo, migrazione e criminalità per mettere fuori legge il dissenso. Come succedeva all’apice della caccia alle streghe anticomunista, il raggio d’azione è infinito: può rientrarci qualsiasi individuo o gruppo che «mina la società americana»

Pubblicato 2 giorni faEdizione del 3 novembre 2024

Se Trump dovesse tornare alla Casa bianca, il movimento pro-Palestina potrebbe essere sostanzialmente messo fuorilegge. Questo, almeno, è l’obiettivo del think tank conservatore Heritage Foundation, lo stesso che ha contribuito a stilare il controverso «Progetto 2025», un vero e proprio manuale per trasformare gli Stati uniti in una dittatura.

IL PIANO per piegare l’attivismo filopalestinese è contenuto in un testo di 33 pagine intitolato «Progetto Ester: una strategia nazionale per combattere l’antisemitismo». Il riferimento è al racconto biblico di Ester, la donna che salvò il popolo ebraico dallo sterminio ordito dal re persiano Aman. In questo caso, però, la volontà non è di proteggere qualcuno: è di rendere impossibile il sostegno alla causa palestinese. Il documento – pubblicato il 7 ottobre 2024 ma arrivato all’attenzione dell’opinione pubblica solo negli ultimi giorni – sostiene che il movimento statunitense pro-Palestina fa parte di un’immaginaria «Rete di supporto ad Hamas» (Hamas Support Network in inglese), ed è dunque interamente manovrato dall’organizzazione palestinese.

Secondo gli autori del piano, la Rete sarebbe composta da organizzazioni filopalestinesi come Students for Justice in Palestine o American Muslims for Palestine, nonché da associazioni ebraiche antisioniste come Jewish Voice for Peace. E avrebbe anche una potente sponda a Washington, composta da una «cricca di parlamentari antiebraici, anti-israeliani e antiamericani». Tra questi figurano le deputate democratiche Rashida Tlaib, Ilhan Omar e Alexandria Ocasio-Cortez, da anni al centro di campagne denigratorie, islamofobe e razziste.

Tutte le attività di questa Rete sono da considerarsi «antisemite, antisraeliane e anti-americane» e vanno represse. Nel «Progetto Ester» si parla apertamente di sfruttare a tal fine le leggi contro i discorsi d’odio, il terrorismo, l’immigrazione irregolare e addirittura contro la criminalità organizzata (il Rico, Racketeer Influenced and Corrupt Organizations Act).

E NON SOLO: per disarticolare il movimento pro-Palestina si caldeggia un massiccio impiego della sorveglianza digitale, l’infiltrazione all’interno dei vari gruppi e nei casi più estremi la «rimozione» dei «nodi cruciali» della Rete – termini volutamente vaghi che indicano le personalità più in vista. Il piano contempla anche la messa al bando graduale delle manifestazioni e delle proteste nelle università, già duramente represse la scorsa primavera.

Il primo passo consiste nell’eliminazione della «propaganda anti-israeliana» dai corsi di studio, seguita da campagne di intimidazione per scoraggiare chi vuole scendere in piazza. Nella fase finale c’è la compressione pressoché totale del diritto di manifestare e della libertà d’espressione, giustificata da presunte esigenze di «ordine pubblico».

Gli autori del Progetto Ester di fatto invocano una nuova forma di maccartismo, in cui basta il minimo sospetto di adesione alla causa palestinese per trasformare una persona in un pericoloso antisemita che minaccia la «sicurezza nazionale». Il legame con l’ondata di paranoia degli anni Cinquanta è piuttosto esplicito: nel testo si dice che le associazioni filopalestinesi traggono le loro idee storiche e politiche soprattutto dal Manifesto del Partito Comunista di Karl Marx e Friedrich Engels.

Inoltre, come succedeva all’apice della caccia alle streghe anticomunista, l’ampiezza della Rete è potenzialmente infinita: può rientrarci qualsiasi individuo o gruppo che «mina le fondamenta della società americana», individuate nel capitalismo e nella democrazia. La vena neomaccartista emerge anche da un dettaglio clamoroso: nel piano non compare la minima menzione all’antisemitismo di destra. Per la Heritage Foundation non esistono gruppi suprematisti che sostengono Donald Trump; né terroristi neonazisti che attaccano le sinagoghe e sterminano undici persone, com’è successo a Pittsburgh nel 2018; né teorie del complotto antisemite come la «sostituzione etnica», rilanciate – tra gli altri – da Elon Musk e dallo stesso ex presidente repubblicano.

Secondo la testata Jewish Insider, è proprio questa clamorosa assenza ad aver alienato il supporto al piano di buona parte della comunità ebraica statunitense. Non a caso, diverse organizzazioni ebraiche citate nel testo finale hanno preso le distanze. Hanno invece confermato la loro entusiastica adesione le associazioni evangeliche, che probabilmente hanno collaborato alla stesura. E in effetti il Progetto Ester sembra rivolgersi direttamente agli evangelici, che costituiscono una fetta importante dell’elettorato trumpiano.

STANDO alle intenzioni degli autori, l’eradicazione di ogni «posizione anti-israeliana» dagli Stati uniti dovrebbe realizzarsi in appena «12 o 24 mesi». E, scrivono nero su bianco, tutto ciò potrà succedere solo se «un’amministrazione volenterosa – quella di Trump – si insedierà alla Casa bianca». Il candidato repubblicano non ha commentato il piano. Ma poco importa: in campagna ha detto di non sapere nulla nemmeno del Progetto 2025 nonostante sia stato scritto da centinaia di ex funzionari della sua prima amministrazione.

Mesi fa lo stesso Trump aveva promesso che avrebbe «deportato» dagli Stati uniti i «manifestanti radicali che sostengono Hamas», anche se la stragrande maggioranza ha la cittadinanza statunitense. Di sicuro, l’ex presidente non disdegna di ritrovarsi con un manuale che può essere utilizzato per colpire quelli che lui chiama i «nemici interni» – chiunque non sia trumpiano.

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