Benvenuti nel cuore del voto arabo, qui niente facce elettorali
Elettorale americana Nessun manifesto né pubblicità delle imminenti presidenziali lungo Palestine way, la via principale di Paterson. La città ospita la seconda comunità arabo-israeliana più grande del Paese. L’allineamento di Biden a Netanyahu ha colpito gli "arab american", tentati dal terzo candidato
Elettorale americana Nessun manifesto né pubblicità delle imminenti presidenziali lungo Palestine way, la via principale di Paterson. La città ospita la seconda comunità arabo-israeliana più grande del Paese. L’allineamento di Biden a Netanyahu ha colpito gli "arab american", tentati dal terzo candidato
La città di Paterson, in New Jersey, ospita la seconda comunità arabo americana più grande degli Stati Uniti, ma Little Ramallah, che si trova nell’area sud della città, è l’enclave palestinese americana più grande del Paese.
Una parte della Main Street, la via principale, è stata ufficialmente ribattezzata “Palestine Way”. Per cambiare quel nome, il voto del consiglio comunale è stato un perentorio 8-1. Il quartiere è come un’altra città, con una piccola piazza centrale, le persone che si salutano per strada, i bar con i tavolini fuori sotto file di luci per restare a parlare la sera fino a tardi, e i ristoranti, come le attività commerciali e i negozi di vestiti, sono tutti riflessi della cultura palestinese.
LA FARMACIA del dottor Jabeen Ahmed si chiama Sheefa, Shifa, nome scelto molto prima che l’ospedale più grande e importante di Gaza venisse distrutto dai raid israeliani, al suo interno le farmaciste indossano l’hijab, cosi come la maggior parte delle donne che si incontrano per strada, inclusa Basma Bsharat, Palestine education director al Palestinian American Community Center (Pacc) di Clifton, cittadina che confina con Paterson.
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I fantasmi dell’ospedale degli orroriIl fine del Pacc è quello di promuovere il patrimonio palestinese, ma anche quello di essere un hub per la comunità. Vengono organizzati corsi di cucina, lingua, si tengono attività extrascolastiche per i bambini, ma si organizzano anche feste di matrimonio e ricevimenti. C’è un piccolo museo e il progetto è quello di ingrandirlo.
Quando arriviamo al Pacc c’è un gran via vai che sembra composto principalmente da donne, e Bsharat ci conferma che solo tre uomini fanno parte del Pac «Il numero si è triplicato – sottolinea – perché fino a poco tempo fa era uno solo». Ci spiega che il centro si sta preparando ad accogliere un gruppo di ragazzi rifugiati, che hanno un’età compresa fra i 19 e i 25 anni, e che li aiuteranno nelle pratiche burocratiche ma anche a sentirsi parte di una comunità.
«Sono nata negli Usa, mia madre è arrivata da adolescente, mio padre a 20 anni. Ho una connessione forte con la Palestina, per quanto ne so tutti i palestinesi qui hanno lo stesso tipo di connessione». Bsharat parla con noi a livello personale, non per il ruolo che occupa al Pacc, e quando le chiediamo come si sente lei e come si sente la comunità palestinese di Little Ramallah in merito a queste presidenziali, non ha esitazioni.
«Quest’anno la Palestina è un tema centrale. Il modo in cui stiamo reagendo come elettori è dovuto a ciò che abbiamo visto e alla mancanza di sostegno e di attenzione da parte del Partito Democratico. Il Pacc non è affiliato, cerchiamo di educare la comunità a fare sentire la propria voce. Le persone sono giustamente arrabbiate a causa di ciò che abbiamo subìto come elettori e membri della comunità da parte del governo degli Stati Uniti».
LUNGO TUTTA Palestine Way si vedono bandiere palestinesi: davanti ai negozi, appese ai lampioni che costeggiano la strada e nella piazza centrale, dove sventola insieme a quella americana. Ma non si vede nessun cenno alle elezioni presidenziali, nessun manifesto, nessuna pubblicità elettorale.
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«Per il cessate il fuoco servono azioni concrete, non parole di scontento»«Storicamente molti membri della nostra comunità votano democratico – spiega Bsharat – ma credo che molti abbiano visto il movimento uncommitted, che durante le primarie invitava a non impegnarsi a votare per nessun candidato in particolare, come qualcosa a cui guardare. E noi abbiamo incoraggiato tutti a fare ciò che ritenevano giusto. L’importante per noi è far sentire la nostra voce. Altrimenti non saremo riconosciuti. Ora non so quanto successo stia ancora avendo qui il movimento uncommitted, quello che noto, però, è che la gente ora sta cercando di dire che le terze parti sono un’opzione. I democratici sono passati da Joe Biden a Kamala Harris, ma guardate le notizie. È cambiato qualcosa? Si continua a parlare degli ostaggi, ma non dei 50.000 palestinesi uccisi a Gaza e ora anche in Libano. Si tratta di pulizia etnica e di furto di terre. Si tratta di portare avanti l’espansione dei progetti dei coloni».
Andando in giro per Little Ramallah ogni tanto si incontrano persone che evidentemente non sono del quartiere e Bsharat ci spiega che si vede un nuovo fenomeno, è come se gli Stati Uniti avessero scoperto l’esistenza della Palestina e a Paterson stanno arrivando i turisti con le guide, a fotografare i murales, le bandiere, e a cercare ristoranti. «Penso sia un bene per i commercianti ma è anche fastidioso, come se il problema fosse nato ora e non avesse una storia lunghissima. Sto assistendo, però, anche a un altro fenomeno: incontro persone che mi dicono di essersi convertite all’Islam attraverso ciò che sta accadendo in Palestina, dopo aver visto ciò che sta accadendo alla gente di Gaza, che mantiene la fede, e non si è arresa. Come può un popolo avere una tale forza?».
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