Professione dronisti, dalle gare tra amici alla guerra con i russi
Reportage dalle linee ucraine Velivoli senza pilota, l’Ucraina riesce a competere con Mosca grazie ai «nerd» al fronte e alle collette per acquistare i modelli commerciali, che si stanno rivelando una risorsa preziosa per Kiev anche nei combattimenti ravvicinati. Gli esperti informatici David e Roman si spostano di notte, montano la postazione e poi "decollano"
Reportage dalle linee ucraine Velivoli senza pilota, l’Ucraina riesce a competere con Mosca grazie ai «nerd» al fronte e alle collette per acquistare i modelli commerciali, che si stanno rivelando una risorsa preziosa per Kiev anche nei combattimenti ravvicinati. Gli esperti informatici David e Roman si spostano di notte, montano la postazione e poi "decollano"
Si posizionano in fretta, spesso di notte, spostandosi su normali pickup senza targa, montano la postazione e decollano. Sono i dronisti ucraini, il nuovo gruppo di specialisti dei piccoli velivoli senza pilota che ha cambiato le regole del conflitto. Senza di loro non avremmo assistito ad alcune azioni eclatanti come gli attacchi alle basi aeree e alle raffinerie russe. Ma più ancora che agli obiettivi nel cuore dello sconfinato territorio russo, i dronisti stanno diventando fondamentali per il combattimento ravvicinato. Soprattutto ora che le armi occidentali tardano ad arrivare e le prossime forniture sono appese al filo sottile delle decisioni Usa.
«OGGI LA MAGGIOR PARTE delle informazioni che otteniamo sulle posizioni nemiche in prima linea sono frutto delle nostre ricognizioni» spiega David, che insieme a un commilitone di nome Roman, effettua “voli” continui lungo la linea del fronte nel quadrante da Lyman a Izyum. Sembrano un duo uscito da un film anni ’90 tipo Clerks più che due soldati, e passano il tempo facendosi battute di umorismo nero e nerissimo sui russi e sulle loro madri. Come sono arrivati a essere dei dronisti? «Prima della guerra ero un informatico – racconta David – e avevo preso la patente per i droni per divertimento, con qualche amico organizzavamo una specie di gare, facevamo collette per comprare gli ultimi dispositivi, realizzavamo video pensando di venderli… Poi i russi hanno invaso e ci siamo arruolati volontari».
Roman annuisce. «All’inizio, quando avevamo poche armi e la situazione era estremamente difficile, così abbiamo organizzato una colletta sui social network per poter comprare un Mavic (famoso modello di droni prodotto dalla ditta cinese Dji, ndr). Dei droni di vecchia generazione, tipo gli Orlan che i russi usano ancora in grandi quantità, o di quelli componibili americani, non ce n’erano molti. Così abbiamo comprato questo Mavic e durante le pause l’abbiamo usato per fare dei video, riprendere i russi nella zona di Kharkiv, dove eravamo».
DA ALLORA SONO PASSATI due anni e lo Stato maggiore di entrambi gli eserciti ha compreso appieno l’importanza di questi dispositivi, tanto da dotarsene in quantità massicce, sia per l’offesa sia per la ricognizione. Si consideri che se la Russia aveva un’aviazione in grado di svolgere le normali operazioni di spionaggio, gli ucraini avevano talmente pochi velivoli adatti allo scopo che i droni commerciali sono stati una vera risorsa inattesa per Kiev. Su internet si organizzavano collette quasi su tutti i gruppi Instagram e Telegram e in ogni centro di aiuti c’era almeno un volantino che invitava a fare donazioni per dotare l’unità di turno di un drone.
Come David e Roman l’Ucraina aveva un comparto di tecnici informatici nutrito e molto preparato, si vedano i report precedenti alla guerra che riportano gli investimenti delle società informatiche nel Paese est-europeo. «Si guadagnava abbastanza bene, la base era l’equivalente di mille euro, che comunque nell’Ucraina di qualche anno fa erano bei soldi, soprattutto per un ragazzo», spiega Roman.
MOLTI DI QUESTI RAGAZZI sono classificabili nella categoria dei cosiddetti «nerd», fissati con i videogiochi e l’informatica: sono cresciuti giocando on-line e finita la scuola ne hanno fatto una professione. Le grandi aziende che si trovavano a investire nel Vecchio continente hanno preferito pagare loro un terzo o molto meno rispetto ai colleghi francesi, tedeschi o inglesi. Si spiega così la nascita in un tempo brevissimo della «nuova aeronautica», che i più nerd chiamano «l’Aeronautica 2.0» ucraina.
Poi i russi hanno capito che era il momento di mettersi al passo con i tempi e mentre inviavano sciami di droni Shaded di fabbricazione iraniana, ribattezzati “droni kamikaze” perché insieme alla testata che trasportano si schiantano sull’obiettivo, hanno acquistato e adattato componenti acquistati (con ogni probabilità) dalla Cina e dal mercato nero.
«QUINDI ORA SIETE PIÙ O MENO pari a livello di capacità con i russi?» chiediamo ai ragazzi. «Il fatto è che da quando hanno iniziato a usare gli Fpv (i droni pilotati con i visori personali)» inizia David, «e a usarne così tanti» lo interrompe Roman, «sì, all’improvviso sembrano averne a centinaia, devono essere le triangolazioni del mercato nero, o i software che riadattano da altri dispositivi». «O i cinesi» aggiunge Roman. Sia come sia ora la situazione è di sostanziale equilibrio, un bilanciamento basato sulla «paura fottuta» che provoca in tutti i soldati, su entrambi i lati del fronte, il ronzio dei droni.
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