«Processo farsa»: Londra attacca la condanna a morte dei suoi cittadini
Crisi ucraina «Non erano mercenari», la sentenza viola la Convenzione di Ginevra. Telefonata Truss-Kuleba, intanto Ben Wallace visita Kiev e promette nuovi aiuti umanitari
Crisi ucraina «Non erano mercenari», la sentenza viola la Convenzione di Ginevra. Telefonata Truss-Kuleba, intanto Ben Wallace visita Kiev e promette nuovi aiuti umanitari
La sporca faccenda dei prigionieri – due soldati britannici e uno marocchino – condannati a morte dal tribunale di guerra della Repubblica popolare di Donetsk, riconosciuta solo da Mosca, ieri monopolizzava i titoli dei giornali nazionali e non solo. Su tutti la dichiarazione di Boris Johnson, che si è detto «inorridito».
La corte che ha processato Aiden Aslin, Shaun Pinner e Saadun Brahim in quello che è stato subito definito dalla stampa «processo farsa» di staliniana memoria, li considera dei mercenari. Londra ribatte che erano regolarmente reclutati nell’esercito regolare ucraino e che la sentenza viola la convenzione di Ginevra sul trattamento dei prigionieri di guerra. Meno netta sarebbe la posizione di un terzo prigioniero britannico, Andrew Hill, catturato nella zona di Mykolaiv. Le famiglie di Pinner e Aislin invocano urgentemente per entrambi assistenza medica e legale.
MENTRE IL MINISTRO della Difesa Ben Wallace si catapultava ieri a Kiev per discutere con il presidente ucraino Zelensky il mai sufficiente sostegno militare del Regno unito all’Ucraina a due mesi dalla visita di Johnson, la ministra degli Esteri Liz Truss parlava con la sua controparte ucraina, Dmytro Kuleba, con il quale ha discusso «gli sforzi per garantire il rilascio dei prigionieri di guerra detenuti dai “procuratori” (rendiamo così l’inglese proxy, ndr) russi».
I due britannici vivevano in Ucraina da tempo – Pinner dal 2014, Aislin dal 2018 -, ambedue erano sposati con donne ucraine ed avevano precedentemente combattuto in Siria. Erano stati fatti prigionieri lo scorso aprile, durante la difesa di Mariupol. Originario di Newark, nel Nottinghamshire, Aiden Aslin è un marine dell’esercito ucraino di ventotto anni dalla doppia nazionalità britannico-ucraina: in precedenza aveva combattuto l’Isis con la milizia di difesa dei curdi nel Rojava, nel nord della Siria. Aveva criticato le vendite di armi britanniche alla Turchia di Erdogan, lanciato appelli per un maggiore aiuto ai curdi e alcune sue dichiarazioni gli erano costate – secondo la legge antiterrorismo britannica – un interrogatorio. Nel 2018 si era arruolato nell’esercito regolare ucraino, la 36a brigata di fanteria. Lo scorso 14 aprile, dopo la cattura, era apparso in un video in manette e con chiari segni di percosse. Il 18 aprile, Aslin era stato intervistato dal giornalista e blogger britannico Graham Phillips, spesso accusato di «collaborazionismo» filo-russo e bandito dall’Ucraina: nell’intervista ammetteva di essere un mercenario, anche se le ferite alla testa che aveva indurrebbero a concludere che fosse costretto, under duress. Il video è stato successivamente rimosso da YouTube perché violerebbe la succitata convenzione di Ginevra.
SHAUN PINNER di anni ne ha quarantotto, è nato a Watford, in Bedfordshire, ed è un veterano dell’esercito britannico, dove aveva militato nel reggimento Royal Anglian. Si era recato nel paese dopo le proteste euro-Maidan nel 2014 per poi arruolarsi nello stessa brigata di Aislin come artificiere. Il padre di Saadun Brahim ha dichiarato ai media marocchini che suo figlio era uno studente in Ucraina al momento dell’invasione e che non è affatto un mercenario. Il Marocco, dopo settimane di neutralità, sull’invasione russa si era allineato con l’occidente lo scorso aprile.
NON ESSENDO ufficialmente parte del conflitto, Londra è costretta ad assistere alla gestione della crisi unicamente da parte ucraina e russa. Anche per questo, allo sdegno e l’orrore delle dichiarazioni del governo si alterna la realpolitik del ministero degli Esteri, che adotta una linea meno caciarona della sua titolare, sospettando verosimilmente che i russi intendano utilizzare questi prigionieri come merce di scambio con i propri soldati in mano ucraina. A denotare tali miti consigli sarebbe la convocazione dell’ambasciatore russo a Downing Street: un segnale forte, non a caso ancora non lanciato. La stessa Truss, fomentata dalle proprie recenti velleità da premierato, si era abbandonata mesi addietro a trionfalistiche quanto irresponsabili dichiarazioni a favore dell’afflusso di volontari britannici a fianco dei soldati ucraini. Sulle quali ha fatto poi una goffa, quanto tardiva, marcia indietro.
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