Si è svolta ieri la prima delle udienze preliminari contro sette attivisti di Mediterranea – tra cui Luca Casarini, Beppe Caccia e Alessandro Metz – accusati di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina per un soccorso realizzato il 12 settembre 2020. Quel giorno 27 naufraghi che da 38 giorni erano bloccati sulla Maersk Etienne davanti alle coste maltesi furono portati a bordo della Mare Jonio e poi sbarcati a Pozzallo.

L’accusa sostiene che l’intervento è stato realizzato in cambio di 125mila euro concordati preventivamente, la difesa che quei soldi sono completamente slegati dall’azione umanitaria e il gigante del trasporto marittimo li ha donati alla piccola Ong solo tempo dopo. Saranno i giudici ad accertare chi ha ragione. Ieri, però, a tenere banco nel tribunale di Ragusa sono stati altri aspetti della vicenda: i metodi usati dagli inquirenti e i diritti di difesa degli indagati.

«Abbiamo eccepito una serie di profili che riteniamo illegittimi», spiega l’avvocato Fabio Lanfranca, del collegio difensivo insieme alla collega Serena Romano. E li elenca: «Primo: non abbiamo mai avuto gli audio delle intercettazioni ma solo i brogliacci, cioè le sintesi ritenute rilevanti dalla polizia. Non sono state rispettate le norme che impongono il deposito di tutti gli elementi di indagine. Secondo: mancando il deposito non abbiamo potuto concorrere alla selezione dei materiali, come è nostro diritto. Terzo: nei brogliacci ci sono intercettazioni tra indagati e difensori: è gravissimo»

I legali hanno sollevato eccezioni di nullità rispetto a queste prove acquisite a partire da violazioni che descrivono come «gravissime, palesi e documentate». Il pubblico ministero Santo Fornasier non ha replicato contestualmente, ma ha chiesto un termine per farlo. L’occasione sarà la prossima udienza, che la giudice Eleonora Schininà ha fissato tra un mese: giovedì 13 marzo.

Tra le eccezioni delle difese una riguarda le intercettazioni ai danni di parlamentari, realizzate senza alcuna autorizzazione dell’Aula. Martedì la responsabile giustizia del Pd Debora Serracchiani aveva presentato un’interpellanza al guardasigilli Carlo Nordio per chiedere se avesse disposto un’attività ispettiva presso la procura di Ragusa.

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Avrebbe dovuto giustificarla la pubblicazione andata avanti per settimane sulle testate La Verità e Panorama di conversazioni slegate da qualsiasi rilevanza penale, che quindi sarebbero dovute rimanere in un archivio protetto sotto responsabilità del pm, e in cui erano citati anche dei parlamentari. Per il governo ha risposto il sottosegretario leghista Andrea Ostellari negando qualsiasi irregolarità. Nello specifico ha fatto riferimento al caso di Erasmo Palazzotto affermando che gli inquirenti non lo avrebbero riconosciuto come deputato e che sarebbe comparso solo in quanto partecipante a una chat in cui non è intervenuto.

Nell’udienza di ieri, però, Mediterranea ha fatto cenno a ben 22 parlamentari coinvolti a vario titolo nelle intercettazioni. «In aula ho rappresentato un esempio concreto: diverse comunicazioni tra Caccia e un ex parlamentare dem», afferma Lanfranca. Si tratta di Nicola Pellicani, membro della Camera nella scorsa legislatura. La Giudice per l’udienza preliminare (Gup) ha ordinato di ripulire il fascicolo eliminando i materiali irrilevanti per il capo d’accusa. Per farlo ha nominato un perito.

Intanto sulla pubblicazione delle conversazioni prosegue un’indagine parallela nata dalla denuncia querela che i membri di Mediterranea hanno presentato lo scorso dicembre alla procura di Palermo: le carte sono state trasferite per competenza a Milano.

Sempre ieri davanti al Gup è comparso anche il ministero dell’Interno per la costituzione di parte civile. «Non avevo dubbi che lo avrebbe fatto: questo è un processo politico al soccorso in mare – attacca Casarini – Un’attività ritenuta ostativa delle politiche di violazione dei diritti umani. Chiameremo i responsabili istituzionali a testimoniare: non del soccorso, ma del mancato soccorso di 27 esseri umani abbandonati su una nave che si era appellata alle autorità maltesi e italiane».

Ieri gli indagati sono entrati i tribunale accompagnati da una «scorta solidale» a cui hanno aderito Cgil, Anpi, Libera, Chiesa Valdese, Arcigay, Sinistra Italiana.