Procedure di frontiera a Forlì. Il giudice: No al trattenimento
Carta canta Mantovano e Salvini attaccano la magistratura. Il leader leghista in difficoltà per il video su Apostolico. Il carabiniere sospettato di averlo filmato nega tutto davanti alla procura
Carta canta Mantovano e Salvini attaccano la magistratura. Il leader leghista in difficoltà per il video su Apostolico. Il carabiniere sospettato di averlo filmato nega tutto davanti alla procura
Chi direbbe che Forlì o Cesena si trovano al confine? Probabilmente nessuno. La locale questura, però, ha tentato di applicare l’iter accelerato per le richieste di asilo in frontiera, con relativo trattenimento previsto dal dl Cutro, a un cittadino tunisino che aveva presentato la domanda negli uffici della polizia romagnola. Il tribunale di Potenza, però, ha cassato il provvedimento e liberato l’uomo. Per capire cosa c’entra un giudice dell’altro capo dello Stivale bisogna riavvolgere il nastro.
NELL’OTTOBRE 2022 il migrante arriva in Italia e chiede asilo, ma riceve un diniego dalla commissione territoriale di Palermo. Lunedì scorso si presenta nella questura delle due città menzionate per compilare un’altra domanda di protezione internazionale. In tasca ha tre «nuovi elementi» che è convinto lo aiuteranno a ottenere il documento ed essere finalmente regolare: contratto di lavoro, dichiarazione di ospitalità a Forlì, materiali relativi al pregresso in Tunisia. Con sé ha anche il passaporto. La questura, però, risponde con una sorpresa: un provvedimento di trattenimento con cui viene immediatamente trasferito dietro le sbarre del Cpr potentino.
Ieri il giudice competente, Filippo Palumbo, lo ha rimesso in libertà: perché l’Emilia-Romagna non rientra tra le zone di transito/frontiera indicate dalla legge e perché l’uomo aveva con sé il passaporto. Due circostanze che escludono il trattenimento, che in questo caso si pone fuori dai presupposti normativi, anche quelli del dl Cutro.
SULLA CUI BASE, intanto, altri cinque richiedenti asilo tunisini erano stati rinchiusi nel centro di Modica, provincia di Ragusa. Il giudice Rosario Maria Annibale Cupri, del tribunale di Catania, li ha liberati in linea con quanto deciso domenica scorsa su casi analoghi e con le decisioni della collega Iolanda Apostolico.
Queste sentenze continuano a mandare su tutte le furie la destra. Che dopo aver cambiato in maniera inefficace la legge, adesso ha il pallino di mettere mano ai tribunali. In particolare alle sezioni specializzate in materia di immigrazione. «Il parametro per il giudice non è la condivisione dei contenuti della norma che è chiamato ad applicare: a meno che non dubiti motivatamente della sua coerenza con la Costituzione. In tal caso la strada obbligata non è la disapplicazione ma la questione di legittimità», ha attaccato ieri il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano. Il riferimento è ai due giudici catanesi che hanno disapplicato la normativa nazionale per dare attuazione a quella europea. In un altro passaggio l’esponente politico ha dichiarato che le corti non possono sostituirsi «a organi nazionali o sovranazionali nel qualificare le relazioni tra gli Stati», prendendosela con il magistrato di Firenze Luca Minniti che in una recente sentenza ha sostenuto che la Tunisia non può più considerarsi un «paese sicuro».
SULLA VICENDA è tornato anche il vicepremier Matteo Salvini invocando «una sana riforma della giustizia nell’interesse dei cittadini, non fatta contro qualcuno ma per il popolo». Il leader leghista è sempre più in difficoltà per il video che ritrae la giudice Apostolico in una manifestazione del 2018. La sua pubblicazione ha sollevato i sospetti di dossieraggi contro magistrati sgraditi alla politica. Per smentirli basterebbe sapere da dove viene il video.
Ieri il carabiniere indicato inizialmente come il suo autore è stato interrogato per un’ora e mezzo dalla procura di Catania e ha smentito tutto. Smentendo così anche il sottosegretario all’Interno Nicola Molteni (Lega) secondo il quale il militare aveva prima confessato e poi ritrattato tale ruolo.
«CHI ME L’HA DATO? L’unica mia preoccupazione è quello che si vede», ha tentato di difendersi Salvini. «Incredibile che il leader leghista arrivi a dire che non gli interessa chi ha girato il video. Parlamento e opinione pubblica hanno il diritto di sapere. La smetta di fuggire, di cosa ha paura? Chi vuole proteggere?», ha ribattuto il segretario di Sinistra italiana Nicola Fratoianni.
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