È di nuovo l’Ungheria di Viktor Orbán ad agitare il cielo di Bruxelles. La Commissione europea ha deciso di avviare una procedura d’infrazione, che può sfociare in un’azione legale, in merito a una legge sulla protezione della sovranità approvata dal Parlamento ungherese poco prima di Natale. Il provvedimento, che ricalca quanto disposto in Russia con la legge sugli agenti stranieri, era già finito nel mirino delle critiche di ong e dissidenti, secondo cui si tratterebbe di un tentativo di Orbán per mettere a tacere l’opposizione nel Paese, specie in vista del doppio appuntamento elettorale di giugno, quando si terranno le europee e le amministrative. La legge introduce il divieto per candidati, partiti politici e associazioni coinvolte nelle elezioni, di utilizzare finanziamenti stranieri, pena la reclusione.

È prevista, inoltre, l’istituzione di un’autorità di vigilanza, entrata in funzione dal 1 febbraio, incaricata di svolgere indagini per prevenire ingerenze straniere nel processo elettorale e difendere così la sovranità del Paese.
Secondo palazzo Berlaymont, il provvedimento solleva «serie preoccupazioni» sulla sua conformità con il diritto dell’Ue, in particolare per quanto riguarda «il principio di democrazia, i diritti elettorali, il rispetto della Carta dei diritti fondamentali dell’Ue, la protezione dei dati dell’Ue e diverse norme applicabili al mercato interno», ha spiegato la portavoce dell’esecutivo comunitario Anitta Hipper.

È lungo l’elenco snocciolato dalla Commissione che si concentra su un aspetto della legge in particolare, l’Ufficio per la difesa della sovranità. Secondo la portavoce, «la creazione di una nuova autorità dotata di ampi poteri e di un rigido regime di sorveglianza e sanzioni rischia di minare seriamente la democrazia in Ungheria». Ora Budapest ha due mesi per rispondere alle criticità mosse dall’Ue, prima che si passi alla fase successiva della procedura, quella del parere motivato, in cui si diffida lo Stato a porre fine all’inadempimento entro un dato termine.

«Bruxelles e i padroni della sinistra del dollaro attaccano la legge sulla protezione della sovranità proprio perché è stata concepita per impedire l’influenza straniera attraverso i dollari rotolanti di Soros» ha tuonato il portavoce di Orbán, Zoltan Kovacs, rispolverando un vecchio cavallo di battaglia, la crociata contro l’imprenditore e il filantropo ungherese, George Soros, accusato di essere «il principale finanziatore della sinistra». Con l’avvio della procedura d’infrazione, si inasprisce il braccio di ferro tra Bruxelles e Budapest sullo stato di diritto. Un braccio di ferro che finora è valso il congelamento di oltre 30 miliardi di euro di finanziamenti europei, incluso il Pnrr, destinati all’Ungheria. L’ammontare è sceso nel dicembre scorso a 21 miliardi dopo la decisione della Commissione di sbloccare 10,2 miliardi di fondi di coesione a seguito dell’approvazione da parte di Budapest di una riforma del sistema giudiziario che, secondo diversi esperti, tuttavia, non risolverebbe appieno i rilievi di Bruxelles.