Se tutto va bene, è il primo passo verso quella riforma del regolamento di Dublino invocata da troppo tempo. Dopo più di due anni durante i quali è rimasto fermo, il Patto Immigrazione e asilo esce finalmente dal cassetto dove era stato chiuso subito dopo essere stato presentato dalla Commissione europea. E lo fa grazie al voto con cui il parlamento europeo ha approvato (413 sì, 142 no e 20 astensioni) i ha approvato la posizione negoziale adottata dalla commissione Libertà civili, un primo passo verso le nuove regole con cui l’immigrazione dovrà essere gestita in futuro nell’Unione europea. Passaggio importante ma non definitivo, dal momento che il via libera del Patto non è previsto prima del 2024, anno in cui, a maggio, si terranno le elezioni europee.
Alla fine anche Lega e Fratelli d’Italia, inizialmente contrarie, si sono allineati a Forza Italia votando in contrapposizione con i loro gruppi a favore dell’avvio della negoziazione. Giravolta obbligata, visto che non ci si può sempre lamentare in patria per l’immobilismo di Bruxelles e poi mettersi di traverso quando finalmente qualcosa comincia a muoversi.

Tra i punti che verranno discussi il più importante è sicuramente quello che riguarda la riforma del regolamento di Dublino, ovvero la ripartizione e l’assunzione di responsabilità dei migranti da parte degli Stati nel trattare le domande di asilo. Due i meccanismi inseriti nella proposta di regolamento. Il primo prevede la cosiddetta solidarietà flessibile, vale a dire che ogni Stato potrà scegliere se aiutare paesi in prima linea e messi sotto pressione dagli sbarchi come l’Italia accettando quote di migranti oppure intervenire garantendo altre forme di assistenza, che possono finanziarie ma riguardare anche la fornitura di mezzi e uomini. Scelta dettata soprattutto dai paesi del Nord Europa, da sempre restii ad accogliere migranti all’interno dei propri confini.

C’è però anche un’altra possibilità e riguarda la «situazioni di crisi». Nel caso un paese venisse investito da un aumento improvviso e massiccio dei flussi migratori, dovuto ad esempio a una guerra come nel caso dell’Ucraina, il regolamento prevede la proclamazione di uno stato di emergenza da parte della Commissione Ue e il ricollocamento obbligatorio dei migranti tra tutti gli Stati membri, con relative deroghe alle procedure di identificazione.

Proprio gli screening di cittadini di paesi terzi alle frontiere sono un altro dei punti in discussione e riguarda l’identificazione, il rilevamento delle impronte digitali, controlli di sicurezza e accertamento dello stato di salute e della vulnerabilità delle persone. Un emendamento approvato dai deputati della commissione Libe prevede anche un meccanismo di monitoraggio indipendente sul rispetto dei diritti fondamentali che si applicherà anche alla sorveglianza delle frontiere per garantire che eventuali respingimenti siano segnalati e indagati.