Grazie al sostegno della Camera del lavoro della Cgil di Bologna il lavoratore straniero M. S. può finalmente sperare di ottenere un permesso di soggiorno per lavoro, convertendo quello per protezione speciale. Nonostante gli ostacoli del decreto Cutro e delle relative circolari ministeriali che provano a negare questa opportunità. Il sindacato aveva atteso il rigetto da parte della questura della domanda di conversione per poi presentare il ricorso.

Il giudice, con una decisione che risale allo scorso 7 marzo, ha sospeso il provvedimento di diniego. Bisognerà attendere la decisione di merito, ma leggendo i riferimenti dell’ordinanza è facile immaginare che la richiesta del lavoratore andrà a buon fine. Tra i principi richiamati dal tribunale il «diritto al rispetto della vita privata in Italia», che ovviamente sarebbe pregiudicato in caso di rimpatrio.

«Stiamo seguendo molte persone che sono in questa condizione. Lavoratori già inseriti in Italia che vogliono restare legalmente nel nostro paese. Continueremo a fare le impugnazioni per far valere i loro diritti, in termini collettivi», afferma Annamaria Margutti, delegata immigrazione per la Camera del lavoro di Bologna.

Nel 2022 M. S. si era trasferito a Bologna e a novembre aveva firmato un contratto di lavoro nel settore del turismo. Il contratto è stato poi prorogato fino all’ottobre di quest’anno. A fronte di questa stabilità lavorativa e abitativa, qualche mese fa ha chiesto la conversione del titolo di soggiorno. La questura, però, ha risposto con un provvedimento di irricevibilità, ora sospeso dal giudice.

«Finalmente è stato accertato il diritto del signor M. S. alla presentazione dell’istanza di conversione del permesso di soggiorno per protezione speciale in permesso per motivi di lavoro, poiché sono sussistenti tutti i requisiti di legge – afferma la Cgil – Un precedente utile a proseguire nella tutela dei diritti e per una vita dignitosa».

Il permesso per protezione speciale del lavoratore risale a prima dell’entrata in vigore della legge Cutro che stabilisce un regime transitorio delle conversioni che lascia ampio spazio all’interpretazione. Sulla base di due successive circolari ministeriali, non proprio lineari da un punto di vista giuridico, le questure hanno iniziato a negare le conversioni.

«Si è però affermata una giurisprudenza che ormai possiamo dire consolidata, sia nei tribunali ordinari che nei tribunali amministrativi regionali, che stabilisce la convertibilità dei permessi per protezione speciale precedenti al decreto Cutro», afferma Nazzarena Zorzella, avvocata dell’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione (Asgi).

Per quelli successivi, invece, bisognerà attendere un anno, un anno e mezzo. Solo a quel punto, a fronte di dinieghi praticamente scontati rispetto alle richieste di conversione, saranno presentati i primi ricorsi. I legali sono già a lavoro per stabilire una strategia che faccia valere i diritti dei cittadini stranieri che in Italia vivono e lavorano.