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Prima ci coordinano poi ci allontanano. E il mare resta vuoto

Prima ci coordinano poi ci allontanano. E il mare resta vuotoUn soccorso dell'equipaggio di Open Arms – Open Arms

Mediterraneo La Open Arms ha soccorso 814 persone in 18 interventi. Coordinati dalla guardia costiera, nonostante il decreto che imporrebbe un solo salvataggio. Dopo è stata mandata a Brindisi, distante due giorni, con 194 naufraghi a bordo. I porti lontani servono solo a lasciare il mare sguarnito di soccorritori e testimoni

Pubblicato più di un anno faEdizione del 6 agosto 2023

Quello che sta accadendo in questo XXI secolo è una barbarie. Gli eventi a cui assistiamo quotidianamente – non solo in mare, ma anche nel deserto, al confine tra Tunisia e Libia – sono la vergogna di questi nostri tempi e della nostra Europa. Migliaia di persone, uomini, donne e bambini che cercano di fuggire dalla guerra o dalle persecuzioni, abbandonati al loro destino, lasciati morire di fame, di stenti, abbandonati tra le onde del mare. Lasciamo che sia la natura a fare il lavoro sporco, appaltiamo a lei le epurazioni che gli stati europei non possono fare. Lasciamo fare al mare o al deserto e quando non basta, facciamo accordi con paesi terzi, con dittature o finte democrazie, come la Libia o la Tunisia.

L’Europa sceglie sempre la stessa strada, quella delle prebende, delle strette di mano criminali. Diamo ad autocrati, a miliziani senza scrupoli, a dittatori, un mucchio di denaro pubblico, e in cambio chiediamo loro un piccolo favore: rinchiudere esseri umani vulnerabili in centri di detenzione che sono veri e propri lager, spingerli con la violenza nel deserto e abbandonarli al loro destino, fermarli insomma, a qualunque costo. Sono accordi criminali che violano le Convenzioni internazionali e la Carta dei Diritti Umani. È questa la politica migratoria dell’Unione Europea. Denaro in cambio di violenza. Le frontiere chiuse, costi quel che costi, e se il mare ogni tanto restituisce i corpi di chi non ce l’ha fatta, se le immagini di chi muore di stenti in mezzo al deserto ci raggiunge tra un incontro internazionale e un altro, pazienza, basta voltarsi dall’altra parte.

Ma c’è una cosa che l’Europa continua a ignorare: non si possono alzare muri in mezzo al mare, non si può fermare chi tenta la sorte perché è l’ultima speranza che gli rimane. Ed è per questo che, nonostante i lager, nonostante le omissioni di soccorso, nonostante i respingimenti appaltati ai libici, nonostante la violenza della polizia tunisina, le persone continuano a mettersi in viaggio, continuano a provare a raggiungere l’Europa, simbolo di diritti, pace, libertà, giustizia. Un’Europa che evidentemente non esiste più. E ce ne siamo resi conto noi che in mare siamo ormai da otto anni. A soccorrere, a difendere la vita e i diritti di ogni essere umano, ma anche la dignità delle nostre Costituzioni democratiche.

Durante l’ultima missione, la nostra nave di soccorso Open Arms si è trovata, per l’ennesima volta, di fronte a uno scenario drammatico. In poche ore abbiamo effettuato sette operazioni di soccorso, 18 interventi in totale, abbiamo raggiunto 914 persone, tra quelle che abbiamo dovuto assistere e mettere al sicuro con giubbotti salvagente e quelle soccorse a bordo della nostra nave. Nonostante il decreto voluto dal governo italiano che imporrebbe alle navi umanitarie un unico soccorso, siamo stati chiamati e coordinati dalla Guardia Costiera italiana che da sola non riusciva a dare risposta alle migliaia di persone che erano in mare e rischiavano la vita.

Oltre a non avere risorse sufficienti per rispondere a una crisi umanitaria drammatica, negli ultimi due giorni le motovedette sono state costrette a fermarsi nel porto di Lampedusa per mancanza di carburante. A un certo punto ci siamo ritrovati letteralmente circondati da decine di barche in difficoltà, da centinaia di persone che avevano bisogno di essere salvate. La verità è che le navi umanitarie sono le uniche che in questi anni hanno garantito il soccorso in mare e continuano a farlo, nonostante porti chiusi, ispezioni, decreti, assegnazioni di porti lontanissimi. Con a bordo 194 persone siamo stati costretti a raggiungere il porto di Brindisi, a due giorni di distanza, in condizioni meteo marine proibitive. Oltre a infliggere una sofferenza ulteriore ai naufraghi già provati, assegnare porti così lontani, significa lasciare il mare sguarnito di aiuti, privo di assetti di soccorso. La strategia è sempre la stessa, italiana ed europea, togliere di mezzo i testimoni, se nessuno sa, se nessuno vede, le violazioni non esistono. Ma noi ci siamo e continuiamo a resistere.

L’autore è fondatore di Open Arms

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