Bakhmut resta campo di battaglia, bellico e politico: ieri è ripartito il fuoco di fila a tre – Kiev, Mosca e Wagner – su chi stia effettivamente avanzando. Il governo ucraino ha ribadito di aver conquistato due chilometri lungo la linea, sempre più vaga, del fronte. Il Cremlino nega: nessuna avanzata.

A smentire le autorità russe è, di nuovo, la loro testa d’ariete, la Brigata Wagner. Yevgeny Prigozhin, fondatore e leader del gruppo paramilitare che nei giorni scorsi aveva minacciato di mollare Bakhmut per mancanza di munizioni, ha parlato di «fuga» delle truppe russe e non di «raggruppamento» (come lo aveva definito il ministro della difesa di Mosca) a seguito del successo ucraino nella riconquista della via di rifornimento che collega la città nel Donetsk a Chasiv Yar. Prighozin si è spinto oltre: altro che due chilometri, Kiev ne ha ripresi cinque.

E mentre in Crimea ieri due piloti russi restavano uccisi nello schianto del loro elicottero, a muoversi è la diplomazia cinese: Pechino invierà lunedì il proprio rappresentante per gli affari euro-asiatici Li Hui tra Ucraina, Polonia, Francia, Germania e Russia. Visita che al momento il Cremlino dice di non avere in previsione. Come smentisce anche passi avanti nella rinegoziazione dell’accordo sul grano.