Presidenziali Usa, il vecchio Joe e la sfida delle tute blu
Stati Uniti Il presidente Usa al bivio tra auto elettrica e metalmeccanici di Detroit che non danno per scontato l’appoggio. L’indecisione alimenta i dubbi sulla sua età e mancanza di lucidità
Stati Uniti Il presidente Usa al bivio tra auto elettrica e metalmeccanici di Detroit che non danno per scontato l’appoggio. L’indecisione alimenta i dubbi sulla sua età e mancanza di lucidità
A favore dell’auto elettrica ma anche a sostegno dei metalmeccanici in sciopero. Joe Biden, che si vanta di essere il presidente più filosindacale della storia, è alle prese con una vertenza senza precedenti, dagli insidiosi riverberi elettorali.
Rispetto a un’area importante dell’elettorato tradizionalmente democratico mentre entra nel vivo una corsa presidenziale avvolta in una fitta coltre d’incertezza sul suo esito finale.
JOE BIDEN HA AVUTO parole di appoggio per gli operai delle tre grandi dell’auto industry in agitazione ormai da giorni in Michigan, Ohio, Missouri. «I lavoratori – ha detto il presidente – meritano una quota equa della ricchezza che contribuiscono a creare». «Vogliamo fatti, non parole», è stata la reazione di Shawn Fein, presidente del sindacato dei metalmeccanici, l’UAW. E ha accompagnato la doccia fredda con un fosco ma cristallino avvertimento: «Il nostro sostegno va guadagnato, e lo diciamo con la massima chiarezza».
NON CHE I LAVORATORI in lotta possano guardare con simpatia al suo rivale, «membro della classe dei miliardari», come l’ha definito Fain. Eppure scagliando il suo solito repertorio di contumelie contro il capo della UAW, Donald Trump ha messo abilmente il dito nella piaga: «I lavoratori dell’auto resteranno senza lavoro perché tutte queste macchine saranno fabbricate in Cina e saranno auto elettriche».
Biden è un sostenitore dell’auto elettrica, pezzo importante del suo piano per la riduzione delle emissioni, e spinge molto in quella direzione, con misure ad hoc e generosi investimenti, anche per prevenire la montante concorrenza cinese, su cui gioca appunto il suo rivale.
Il complesso e doloroso processo trasformativo dell’auto industry entra prepotentemente nel dibattito politico ed elettorale, investendo ora Michigan, Ohio e Missouri e poi Indiana, Kentucky, Texas, Illinois, Kansas e Tennessee, in gran parte stati della “vecchia” industria, già abbondantemente deindustrializzati, diversi dei quali saranno stati-chiave nelle elezioni del 2024.
L’AUTO ELETTRICA, d’altra parte, è al centro di una politica ambientalista che ha le sue urgenze, di fronte al ripetersi di sempre più frequenti crisi climatiche estreme, ed è un tema strategico nelle relazioni con la Cina, la bestia nera della politica internazionale di questa amministrazione.
Altri temi importanti si aggiungeranno, di politica interna e internazionale. La guerra infinita in Ucraina innanzitutto. Di fronte alla quale, come di fronte alla questione del presente e del futuro dell’auto industry, Biden finisce per sembrare l’asino di Buridano. E potrebbe anche essere comprensibile di fronte a questioni obiettivamente molto complicate e sfaccettate. Se non fosse che questo amletismo alimenta il racconto di un presidente ormai anziano, lento, incerto, e dunque un candidato presidenziale inadeguato e votato alla sconfitta.
La issue della sua età avanzata nei giorni scorsi è stata al centro della discussione washingtoniana, dopo il fuoco amico sulle colonne del Washington Post, un commento di David Ignatius, che molti democratici si sono affrettati a liquidare come un noto agente della Cia….La discussione si è poi stemperata, anche perché, a finire nel mirino, come il «vecchio rimbambito», è toccato a Trump, con la sua serie esilarante di quid pro quo sul suo avversario e su Obama e sull’imminente Seconda (sic!) guerra mondiale. Peraltro Trump ha detto che il problema di Biden non è l’età ma la sua stupidità e inadeguatezza che l’hanno sempre accompagnato in politica. Sembra non volerlo perdere come rivale ideale. Da tenere sulla graticola, a fuoco lento, come ha raccomandato ai suoi seguaci nel Congresso, nell’inchiesta sul figlio Hunter.
IL TEMA DEGLI ANNI tornerà di nuovo al centro della politica già al prossimo inevitabile passo falso, fisico o verbale, in cui Biden è specialista – il re delle gaffe della politica americana – e che ora gli sono addebitati come prove della sua incapacità dovuta alla tarda età.
Polemiche strumentali a parte, il problema si pone. C’è l’eventualità di un ritiro dalla corsa da parte di Biden come auspica Ignatius? Il solo annunciarlo significherebbe azzopparsi da solo nel tratto finale della sua presidenza. Un’anatra zoppa porterebbe nel caos l’amministrazione e condurrebbe a sicura sconfitta il candidato o la candidata che ne prenderebbe il posto e il Partito democratico. Potrebbe esserci una convention aperta a Chicago il prossimo agosto? Biden potrebbe orchestrare lui stesso, nella città del vento, la sua successione? Scenario per ora fantapolitico ma non impossibile.
MENTRE SEMBRA avere più senso l’ipotesi di una rielezione, a cui dopo un certo periodo, prima del midterm, potrebbe seguire il passaggio del testimone alla sua vice. Secondo un sondaggio CBS News/YouGov è quello che pensa una larga maggioranza degli americani. Successivi sondaggi diranno se e come queste percezioni – che comunque confermano la debolezza ormai intrinseca della sua candidatura – influiranno sulle scelte degli elettori martedì 5 novembre 2024.
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