Europa

La Germania promette aiuti, ma è solo rottamazione

Stabilimento Volkswagen a Zwickau, in Sassonia (Germania)Stabilimento Volkswagen a Zwickau, in Sassonia (Germania) – Ansa

Crisi Volkswagen e non solo Il bazooka finanziario del governo Scholz per evitare la vendita agli stranieri per ora resta una promessa. Anche il lusso va male: oltre a Mercedes il marchio premium Bmw in sofferenza

Pubblicato 2 giorni faEdizione del 25 settembre 2024

Il governo Scholz cala sul tavolo dell’automotive il suo whatever-it-takes per salvare ciò che rimane del fiore all’occhiello dell’industria tedesca. Dopo il summit urgente con i principali costruttori nazionali il ministro dell’Economia, Robert Habeck (Verdi), promette «massimo sostegno» al comparto in cui si profila una valanga di licenziamenti a seguito dei maxi-disinvestimenti e dello smantellamento degli stabilimenti «improduttivi».

Di certo, come annunciato la settimana scorsa, il gruppo Volkswagen sarà il destinatario numero uno degli aiuti pubblici alla luce dei 30.000 posti di lavoro che il management si prepara a tagliare già nei prossimi mesi. A riguardo i dirigenti del colosso di Wolfsburg ieri hanno fatto distribuire in fabbrica il volantino con riassunti i motivi del mega-piano di austerity imposto dal crollo delle vendite, proponendo la loro “soluzione”. Siccome a Vw manca la produzione di circa 500.000 veicoli per far quadrare i conti, «gli operai producano di più»: è l’invito padronale basato essenzialmente sulla riduzione del gap che separa il costo dell’auto tedesca dal made in China.

Con una mano il vice-cancelliere Habeck esibisce agli industriali il bazooka finanziario (per ora ancora solo sulla carta) per proteggere gli stabilimenti a guida tedesca dalla possibile dismissione-vendita agli stranieri – come sembra avverrà a breve con la fabbrica Audi del Suv elettrico Q8 in Belgio, già nell’orbita dei cinesi di Neo – ma con l’altra sbandiera la drammatica impotenza causata non tanto dal mercato bloccato. La realtà è che la Germania, nonostante tutta la volontà del governo Scholz, sull’automotive ha le mani legate: «Non ci saranno soluzioni rapide e tantomeno misure-flash; deve esservi chiaro fin da ora. Servirà invece una lunga pianificazione» è la doccia-fredda sugli industriali del ministro co-leader dei Verdi.

Allineandosi in parte all’Italia, Habeck promette di intervenire a Bruxelles, almeno sui valori limite per le emissioni di CO2, la cui revisione è prevista nel 2026 ma i produttori tedeschi spingono per anticiparla di un anno. «Vorrei si facesse ma non dipende da me: è un programma europeo. Molti Paesi non hanno le nostre prospettive e noi in passato non ci siamo comportati in modo esemplare, come ad esempio sull’approccio sui carburanti elettronici» ricorda Habeck, improvvisamente tornato nei panni dell’ambientalista.

Prima di rivestire la grisaglia da ministro dell’Economia. Ciò che Berlino può fare è «valutare le opzioni attualmente sul tavolo»; secondo la traduzione di Der Spiegel corrispondenti alla proposta della Spd sull’ennesimo incentivo alla rottamazione. La Germania quindi punta tutto sul varo del nuovo «bonus 2.0» destinato a chi porta dallo sfasciacarrozze un’auto con motore termico per acquistare un nuovo modello elettrico. Sul piatto dei produttori il governo Scholz mette 6.000 euro per ogni mezzo nuovo e 3.000 se proviene dal mercato dell’usato. Tuttavia sono sempre soltanto parole, nuovamente Habeck si è guardato bene da annunciare misure di finanziamento concrete.

Ancora rimbomba la clamorosa decisione di Vw di licenziare decine di migliaia di lavoratori, per la prima volta nella sua storia; e da Francoforte rimbalza l’incubo Mercedes-Benz. Nel fine settimana il costruttore di Stoccarda ha sconvolto il mercato azionario lanciando un sensazionale profit-warning dopo che il titolo è sceso al livello più basso degli ultimi due anni facendo registrare il meno 8%. Colpa dei documenti interni di Mercedes: giovedì scorso il costruttore del Baden-Württemberg ha abbassato le previsioni per la seconda volta negli ultimi sessanta giorni e ora attende «un profitto notevolmente inferiore rispetto a un anno fa».

Non ci saranno soluzioni rapide e tantomeno misure-flash; deve essere chiaro fin da ora. Servirà invece una lunga pianificazioneRobert Habeck

Anche a Stoccarda esattamente come a Wolfsburg il motivo della crisi è l’«ulteriore deterioramento del contesto macroeconomico soprattutto in Cina. L’economia di Pechino ha continuato a perdere slancio a causa del calo dei consumi e della continua flessione del settore immobiliare. Tutto ciò ha avuto un impatto sulle vendite complessive in Cina, comprese le Mercedes del segmento di fascia alta».

Non si riesce a vendere più nemmeno l’auto di lusso, dunque, e il fenomeno non si limita a Mercedes. A Monaco l’alto marchio premium Bmw riflette l’identica sofferenza e pure abbassa drasticamente le previsioni annue. Infine i ricchi cinesi hanno smesso di arricchire perfino Porsche. I suoi manager ammettono amaramente: «Non ci aspettiamo una rapida ripresa del mercato».

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