Internazionale

Presidenziali in Colombia, contro l’uomo di Uribe la speranza di pace di Petro

Presidenziali in Colombia,  contro l’uomo di Uribe la speranza di pace di PetroI quattro candidati principali alla presidenza della Colombia

Colombia Venezuela e Farc protagonisti della campagna elettorale. Rischio enorme di brogli. Difficile leggere Preto come un’opzione di estrema sinistra, ma la sua elezione rappresenterebbe una speranza di cambiamento e una scelta di democrazia e di pace

Pubblicato più di 6 anni faEdizione del 27 maggio 2018

L’ombra delle frodi si allunga sulle elezioni presidenziali che si svolgono oggi in Colombia: le denunce del progressista Gustavo Petro sulle falle nel sistema di sicurezza del software usato per il conteggio dei voti sollevano infatti dubbi sulla possibilità di brogli.

IL RAPPORTO della Misión de Observación Electoral era stato chiaro sulla necessità di verifiche rigorose, soprattutto a fronte delle clamorose differenze riscontrate in numerosi seggi, nelle passate elezioni, tra il numero dei voti espressi e il numero dei votanti abilitati. Ma, pur essendo trascorsi ben quattro anni dalle prime raccomandazioni rivolte alla Registraduría (l’organismo incaricato di dirigere il processo elettorale), nulla è stato fatto da un governo che pure si è rifiutato di riconoscere le presidenziali in Venezuela, dove l’affidabilità del sistema elettorale è stata invece sottoposta a ben 15 revisioni, avallata da tutte le forze politiche partecipanti e oggetto di verifiche durante la giornata elettorale. Secondo Petro, le frodi sarebbero destinate a favorire il candidato sostenuto dal Partido de la Unidad Nacional del presidente Santos, Germán Vargas Lleras, il quale, negli ultimi sondaggi, figura però solo al quarto posto, con meno del 7%, dietro al favorito Ivan Duque del Centro Democrático di Álvaro Uribe (41,5%), allo stesso Petro, a capo dell’alleanza Colombia Humana (29,5%), e a Sergio Fajardo, candidato di una coalizione di centro-sinistra (16%).

IN ATTESA DI CAPIRE se sul voto di oggi influiranno anche le nuove denunce contro Uribe – il quale, in base a cablogrammi del Dipartimento di Stato Usa da poco declassificati, avrebbe avuto legami con il cartello di Medellín -, al secondo turno dovrebbero andare quindi Duque e Petro, quest’ultimo descritto dalla stampa oligarchica come un pericoloso comunista deciso a condurre la Colombia sulla via del castrochavismo.

UN CONCETTO, questo, su cui Uribe ha costruito e sostiene tutta la sua leadership, demonizzando ogni rappresentante politico che odori anche vagamente di sinistra e puntando tutta l’artiglieria proprio contro Petro, il quale, per tutta risposta, ha pensato bene di attaccare il governo Maduro, allineandosi così alle posizioni del Gruppo di Lima. Come pure, per smarcarsi da ogni accusa di contiguità con le Farc, ha evitato di pronunciarsi a favore dell’ex leader guerrigliero Jesús Santrich, arrestato il 9 aprile scorso in seguito a un mandato di cattura internazionale emesso dagli Usa, con l’accusa di aver partecipato a un’operazione di narcotraffico, ma con ogni evidenza vittima di una montatura diretta a boicottare il processo di pace.

SE NEL VOTO A FAVORE DI PETRO sarebbe difficile leggere un’opzione di estrema sinistra, è indubbio tuttavia che il candidato di Colombia Humana rappresenti una speranza di cambiamento e una scelta di democrazia e di pace. Tanto più che, dopo i colpi inferti dal governo Santos agli accordi con le Farc, rimasti inapplicati per oltre l’80%, un’eventuale vittoria di Duque comporterebbe la definitiva affermazione della «pace targata Uribe»: disarmo delle Farc e arresto dei suoi dirigenti. Con il conseguente rischio di un nuovo ciclo di violenza. È in questo quadro che Petro è riuscito a farsi interprete delle speranze della società civile, intercettando – grazie a un efficace discorso anti-casta – l’indignazione contro gli scandali di corruzione, le privatizzazioni delle imprese pubbliche, la totale subordinazione al capitale transnazionale, gli assassinii di leader sociali e dirigenti politici.

E LO HA FATTO PROMETTENDO un rilancio del ruolo dello Stato, la ridistribuzione della terra, il superamento dell’estrattivismo come principale motore dell’economia, un modello ecosostenibile, misure di sostegno alle fasce impoverite e una completa riforma dello Stato attraverso la convocazione di un’Assemblea Costituente.

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