Presi i killer di Pecci, il pm ucciso in luna di miele
Paraguay Erano colombiani i manovali della telenovela del terrore. Sicario e complici erano a Medellin Nelle email tracce dell’intreccio tra narcos e politica
Paraguay Erano colombiani i manovali della telenovela del terrore. Sicario e complici erano a Medellin Nelle email tracce dell’intreccio tra narcos e politica
Li hanno presi venerdì all’alba, in un barrio di Medellin, i cinque sicari del procuratore paraguayano Marcelo Pecci, abbattuto con tre colpi calibro 9 nell’esclusiva spiaggia del Caribe colombiano dove era in luna di miele, e dove sua moglie Claudia Aguilera gli aveva appena rivelato di essere incinta. Una telenovela del terrore che aveva fatto il giro del mondo – meno di un mese fa.
Il 10 maggio ammazzano Pecci, figlio di un giudice di nonni italiani. Il 29 maggio una soffiata – “fonte umana” la definisce la polizia colombiana, che dopo l’omicidio aveva offerto circa 450mila euro di taglia – rivela i nomi e il domicilio del presunto gruppo di fuoco. Non una banda affiliata a un cartello particolare, “solo” assassini a noleggio del miglior offerente, quattro colombiani e un venezuelano. Per l’accusa, Wendret Carrillo era il killer che sparò tre volte a Pecci, Eiverson Zabaleta l’autista (i sicari sbarcarono su una moto d’acqua presa a noleggio e usata un quarto d’ora, la restituirono addirittura), Marisol Londoño e Cristian Camilo Monsalve i pedinatori della coppia, Francisco Luis Correa il “coordinatore finanziario” – cioè il capo. «Il giorno prima – racconta al manifesto Cecilia Perez, consigliere per la sicurezza nazionale del Paraguay – una delegazione giudiziaria colombiana era venuta a Asuncion, ci avevano rivelato di essere vicini a una cattura, il presidente Mario Abdo Benitez aveva detto ’speriamo presto, anche domani’: è stato accontentato. Per il Paraguay è una cosa enorme ma adesso vogliamo i mandanti, vamos a por ellos»”.
Il Paraguay è il magazzino di stoccaggio di quasi tutta la cocaina che segue la Ruta Sur, quella per l’Europa e il Mediterraneo, un magazzino che rifornisce anche la ’ndrangheta. Il boss dei boss calabresi Rocco Morabito aveva una patente paraguayana quando venne preso in Brasile (aveva anche un passaporto argentino, autentico come la patente). L’ultimo ostacolo legale alla sua estradizione è caduto la settimana scorsa con una sentenza della Corte suprema del Brasile – ma ce ne sono altri appena più piccoli di lui, liberi o in attesa di complicate estradizioni.
PER I NARCOS il Paraguay è il paradiso. Sette milioni di abitanti, Pil quasi terzomondiale, neanche un pezzetto di mare ma oltre tremila chilometri di fiumi navigabili e navi che le norme del Mercosur vietano di controllare fuori dai porti, frontiere senza radar dove i turboelica vanno e vengono con quasi mezza tonnellata a viaggio, il Partido Colorado al potere da quasi ottant’anni – inclusi i 35 dell’atroce dittatura di Alfredo Stroessner – con tutte le clientele che questo comporta. Da molti anni i cartelli producono coca in Colombia, Perù e Bolivia, il Primeiro Comando da Capital (Pcc) di San Paolo trasporta tutto in Paraguay e lo infila nei container, i grandi narcobroker della ’ndrangheta e di altri gruppi criminali fanno gli acquisti e attendono le loro dieci o venti tonnellate nei porti di Anversa, di Amburgo o di Gioia Tauro, che da solo fa tre quarti di tutta la coca sequestrata in Italia in un anno.
A 45 anni, con un apparato di sicurezza minimo e per di più attivato o disattivato da lui stesso, el fiscal Marcelo Pecci era il procuratore delegato al crimine organizzato. Non proprio una procura antimafia: quattro giudici, nemmeno tutti a tempo pieno. Ma si era dato da fare, pure in quel verminaio di collusioni in cui il narcotraffico ha precipitato il Paraguay. Il viceministro della giustizia del paese era un pm alla antinarcotici insieme a un altro pm, Armando Cantero. Entrambi colleghi di Pecci, entrambi recentemente incriminati per le tangenti di un re della coca locale, Serio Quintiliano Neto alias “Minotauro”: 10mila dollari e alcune penne Montblanc.
IN UNA TENUTA sequestrata a Minotauro la polizia paraguayana trovò documenti col nome di un altro mafioso emergente del paese, di nome Caio Bernasconi Braga – ma il nome con cui lo conoscono i narcos locali è “Berlusconi”. Su Minotauro, su Berlusconi, sul ministro e sul collega infedeli Marcelo Pecci aveva ricevuto richieste di informazioni per email dalla polizia brasiliana. Non ha fatto in tempo a rispondere, lo hanno preso sulla spiaggia.
Il figlio che gli nascerà è un maschio. Si chiamerà Marcelo.
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