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Potrà farsi curare anche chi non ha una casa

Potrà farsi curare anche chi  non ha una casa

Diritti La Camera ha approvato ieri all’unanimità la legge che allarga l’accesso ai servizi sanitari anche a chi è privo della residenza. La legge a prima firma di Marco Furfaro (Pd) […]

Pubblicato 3 mesi faEdizione del 26 giugno 2024

La Camera ha approvato ieri all’unanimità la legge che allarga l’accesso ai servizi sanitari anche a chi è privo della residenza. La legge a prima firma di Marco Furfaro (Pd) colma così una delle lacune più gravi della nostra sanità. Sebbene la Costituzione tuteli la salute «come fondamentale diritto dell’individuo», di fatto l’iscrizione al servizio sanitario nazionale è subordinata alla residenza anagrafica. Senza, è impossibile rivolgersi a un medico di base e o prenotare una visita medica. Questi diritti minimi verranno d’ora in poi garantiti anche a chi è privo di certificato di residenza. «La legge non solo restituisce il pieno diritto alle cure a decine di migliaia di persone – festeggia il deputato dem – ma finalmente sapranno che lo Stato non le ha abbandonate. E che uscire da una condizione di fragilità è possibile». Per l’entrata in vigore sarà necessario il passaggio in Senato. L’unanimità è una sorpresa fino a un certo punto. Delle sei regioni che già oggi prevedono l’iscrizione alla Asl di chi non ha dimora, due (Emilia-Romagna e Puglia) sono governate dal centrosinistra e ben quattro (Abruzzo, Marche, Liguria e Piemonte) dalla destra. Fuori dagli slogan, pure la destra asociale sa che l’accesso alla salute è interesse collettivo. L’inedita convergenza ha richiesto però qualche compromesso.

Nel testo originale il disegno di legge allargava direttamente alle nuove precarietà il perimetro della legge 833 del 1978 che istituiva il Servizio sanitario nazionale. Invece la versione approvata introduce il nuovo diritto con una formula più moderata: un «programma sperimentale» finanziato con un milione di euro all’anno fino al 2026 e mirato a «assicurare progressivamente» il diritto all’assistenza sanitaria alle persone senza dimora. Il fondo sarà destinato solo alle quattordici città metropolitane, le principali aree urbane che comprendono il 16% dei comuni e il 36% della popolazione. Se l’accordo reggerà al Senato, il diritto alle cure primarie raggiungerà dunque il 60% della platea potenzialmente interessata, che secondo le stime arriva a 50-60 mila persone prive persino di una residenza fittizia. L’indagine «L’anello debole» del 2022 stilata dalla Caritas su circa 24 mila persone senza dimora descrive una popolazione al 73% maschile e per due terzi straniera, che si concentra nelle grandi città o in aree come il foggiano e il pontino raccontate anche dalle cronache di questi giorni. Non si tratta solo di homeless: l’iscrizione all’anagrafe dei residenti è preclusa anche a chi vive in condizioni di precarietà abitativa oggi piuttosto diffuse. L’odioso decreto Renzi-Lupi del 2014 ha infatti negato la residenza agli occupanti organizzati nei movimenti per il diritto all’abitare ma anche a migliaia di inquilini costretti all’affitto in nero a prescindere dall’età, senza risparmiare bambini e anziani. La legge Furfaro consentirà di aggirarlo almeno per quanto riguarda la sanità.

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