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Lisbona, Il presidente è di destra, incognita per il governo

Lisbona, Il presidente è di destra, incognita per il governo

Portogallo Alle elezioni si è imposto Marcelo Rebelo de Sousa, al primo turno con il 53%

Pubblicato più di 8 anni faEdizione del 26 gennaio 2016

Come previsto Marcelo Rebelo de Sousa, esponente di centro-destra, ha vinto le elezioni presidenziali già al primo turno raccogliendo il 53% dei voti espressi. Di e non del centro-destra, una distinzione molto importante perché di fatto Rebelo de Sousa si è ben guardato dal farsi sostenere apertamente dal Partido Social Democrata Português (Psd – area liberale/partito popolare) e dal Centro Democrata Social / Partido Popular (Cds/Pp).

Se a destra Rebelo de Sousa era il candidato unico a sinistra i concorrenti erano addirittura 4: due di area socialista (Maria de Belém e António Sampaio da Nóvoa), Marisa Matias del Bloco de Esquerda (Be) e Edgar Silva per il Partido Comunista Português (Pcp). Marisa Matias con il suo 10% conferma l’ottimo risultato del Be alle legislative e, grazie anche alle sue battaglie al parlamento europeo (tra tutte quelle in favore della Palestina), accresce ulteriormente la sua autorevolezza in campo interno e internazionale. Sampaio da Nóvoa pareggia: non passa al secondo turno, ma, con il 22% dei suffragi, è pur sempre primo nel campo progressista.

Due invece i grandi sconfitti: Silva e Belém. Il candidato del Pcp si è fermato al 4%, ovvero meno della metà di quel che i comunisti avevano ottenuto alle legislative del 4 ottobre scorso (8,7%). La Belém, deputata del Partido Socialista (Ps), se pur candidata non ufficiale e in competizione con Sampaio da Nóvoa, ottiene appena il 4,24% (insieme, Belém e Sampaio da Nóvoa, sono comunque ben al di sotto di quel 32% che il Ps era riuscito ad ottenere alle legislative). Raccontavamo nei giorni scorsi di una sorte di schizofrenia tra l’entusiasmo generato dall’esperienza di governo basato su di un appoggio parlamentare tra Be, Pcp, Ps e l’apatia di queste presidenziali. Certo, è percezione diffusa che il capo dello Stato abbia “solamente” compiti di rappresentanza e di arbitro, va però anche sottolineato come il presidente della Repubblica portoghese possa assumere una postura decisamente interventiva e poco neutrale. È il caso ad esempio del veto apposto in questi giorni da Aníbal Cavaco Silva – che per qualche settimana sarà ancora l’inquilino di palazzo di Belém – alla legge sulla adozione nelle coppie omosessuali.

Eppure, nonostante questo, l’astensione, rispetto al 2006 quando Cavaco Silva venne eletto al suo primo mandato, è cresciuta notevolmente, passando dal 39% al 51%.

Al di là dei risultati, dell’analisi sugli sconfitti e sui vincenti, la vera incognita è: dopo la vittoria del centro destra quali sono i rischi per il futuro del governo Costa? Così a caldo è difficile dare una risposta netta. Nel discorso di insediamento Rebelo de Sousa ha promesso di essere un presidente al di sopra delle parti (di qui l’importanza di evitare l’edorsement del Psd e del Cds/Pp), un arbitro il cui compito principale sarà quello di promuovere l’unità nazionale, la coesione sociale e il dialogo tra i partiti. Apparentemente nulla di strano se non fosse che mai come oggi i partiti presenti in parlamento hanno mostrato capacità di dialogo e mediazione. Quindi? Forse voleva riferirsi ad un altro tipo di accordo quando parlava di presunti steccati? Magari una grande coalizione che possa garantire al contempo la «coesione sociale» ma anche la «stabilità finanziaria» e una crescita «sostenibile» senza che gli «equilibri di bilancio vengano compromessi»?

Lette in controluce le parole del nuovo presidente assumono un significato non particolarmente incoraggiante tenuto conto che, nei termini dell’articolo 133 della costituzione, il Pr ha la facoltà di nominare ed esonerare il primo ministro e di sciogliere l’Assembleia da Republica. Insomma si può dire che Costa esce da questa tornata elettorale in parte indebolito e questo non solo perché c’è un capo dello Stato che molto probabilmente approfitterà di ogni inciampo per promuovere «nuovi intendimenti» tra i partiti, ma anche perché non c’è stata nessuna reazione legittimante da parte degli elettori che sono invece apparsi perlopiù indifferenti.

Non solo, resta da capire anche come verrà interpretato dal Pcp un risultato considerato «al di sotto delle aspettative». Se la causa della sconfitta verrà individuata nel patto con i socialisti è ragionevole ipotizzare che in futuro i dirigenti comunisti possano decidere di mantenere nei confronti dell’esecutivo un atteggiamento un po’ più rigido e, quindi, potenzialmente destabilizzante. Unica nota positiva: la sconfitta di Maria de Belém rappresenta anche la sconfitta di quell’ala socialista che negli ultimi mesi si era mostrata più favorevole alla grandi coalizioni che non agli accordi a sinistra. Da questo punto di vista Costa ha perso il più pericoloso dei suoi avversari, quello interno!

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