Pompeo, strategia comune con israeliani e sauditi contro l’Iran
Medio Oriente Il segretario di stato, fresco di nomina, alla sua prima missione intende rassicurare Riyadh e Tel Aviv su una rinnovata linea del pugno di ferro contro Tehran. E avverte che Trump il 12 maggio con ogni probabilità uscirà dall'accordo Jcpoa sul nucleare iraniano.
Medio Oriente Il segretario di stato, fresco di nomina, alla sua prima missione intende rassicurare Riyadh e Tel Aviv su una rinnovata linea del pugno di ferro contro Tehran. E avverte che Trump il 12 maggio con ogni probabilità uscirà dall'accordo Jcpoa sul nucleare iraniano.
Il tempo di giurare a metà settimana nelle mani del giudice della Corte Suprema Usa Samuel Alito, italo-americano come lui, e Mike Pompeo è partito per la sua prima missione all’estero da Segretario di stato. Dopo la rapida ma importante tappa al vertice dei ministri degli esteri della Nato a Bruxelles, Pompeo si è diretto in Medio oriente per incontri in Arabia, saudita, Israele e Giordania, i principali alleati, assieme all’Egitto, degli Stati uniti nella regione. Tema centrale dei colloqui è l’Iran. Pompeo lo ha affrontato subito al suo arrivo ieri a Riyadh dove ha prima incontrato il ministero degli esteri Adel al Jubeir e poi l’erede al trono Mohammed bin Salman, ormai partner di primissimo piano delle strategie dell’Amministrazione Usa in Medio oriente. Oggi vedrà gli israeliani e domani i giordani.
Rimarrà deluso chi aveva creduto che il presidente francese, con promesse, concessioni e qualche abbraccio (di troppo), fosse riuscito qualche giorno fa alla Casa Bianca a convincere Donald Trump a non uscire dal Jcpoa (Joint Comprehensive Plan of Action), l’accordo del luglio 2015 tra Tehran e i cinque Paesi membri del Consiglio di sicurezza dell’Onu più la Germania, sulle limitazioni alla produzione di energia atomica da parte dell’Iran. Falco apertamente contrario al Jcpoa, come lo sono il nuovo consigliere per la sicurezza nazionale John Bolton e l’ambasciatrice alle Nazioni Unite Nikki Haley, Pompeo venerdì a Bruxelles è stato fin troppo esplicito: Trump non ha preso alcuna decisione e il 12 maggio, come ha minacciato di fare, potrebbe ritirarsi dall’accordo con l’Iran. «Il presidente è stato chiaro – ha detto – senza modifiche sostanziali, senza superare le carenze e i difetti dell’accordo, è improbabile che rimanga in quella intesa dopo questo maggio». Una linea che proprio Pompeo intende irrigidire ulteriormente, lui che qualche tempo fa ha proclamato che 2.000 missioni di bombardamento aereo sono la soluzione giusta per il nucleare iraniano.
Sull’uscita di Trump il 12 maggio dal Jcpoa puntano Arabia saudita e Israele che vogliono l’imposizione immediata di pesanti sanzioni economiche e politiche all’Iran e che sia tenuta in considerazione anche “l’opzione militare”. Mantiene invece una posizione più defilata la Giordania, leggermente più aperta nei confronti di Tehran e che vede nella fine dell’accordo del 2015 una sfida alla sua stabilità, tenendo conto della sua posizione geografica e politica. Pompeo cercherà di rassicurare Riyadh e Tel Aviv, rimarcando la differenza tra la sua linea del pugno di ferro e quella più diplomatica del suo predecessore Rex Tillerson licenziato in tronco da Trump. Insisterà sulla lotta a quello che sauditi e israeliani descrivono «l’espansionismo» dell’Iran nella regione. A maggior ragione ora che l’Amministrazione Trump non vede più nella Corea del Nord il nemico principale degli Usa.
A Bruxelles il Segretario di Stato si è mostrato relativamente conciliante con la Turchia nonostante il dissenso espresso nei confronti dell’intenzione di Ankara di dotarsi del sistema di difesa antimissile russo S-400. Pompeo ha lasciato capire al ministro degli esteri turco Mevlut Cavusoglu che gli Usa potrebbero rivedere il sostegno offerto sino ad oggi alle milizie curde in Siria. Milizie che la Turchia vuole cacciare, non solo da Afrin come ha già fatto, in nome di un peloso sostegno all’integrità territoriale della Siria. Sostegno che Cavusoglu ha ribadito ieri a Mosca durante il summit con il ministro russo Sergey Lavrov e l’iraniano Mohammad Javad Zarif. Il vertice ha anche preparato il nuovo incontro dei tre Paesi ad Astana per la ricerca di soluzione negoziata alla crisi siriana.
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