Come ogni 11 novembre i militanti dell’ultradestra a Varsavia e dintorni si sono ripresi le strade del paese, questa volta con la benedizione di Giorgia Meloni. Incitazione alla violenza, slogan razzisti e i soliti lanci di razzi durante il Marsz Niepodleglosci [in polacco: «corteo dell’indipendenza», ndr] tornato a essere un evento ciclico grazie al governo guidato da una coalizione di destra con in testa i populisti del partito Diritto e giustizia (Pis).

Il messaggio della premier italiana non era indirizzato ai governanti del paese sulla Vistola bensì a Robert Bakiewicz, un ex-imprenditore e principale organizzatore del corteo dal 2011. «Ti auguro un grande successo in vista della manifestazione e colgo l’occasione per rinnovare l’espressione della mia amicizia nei confronti della nazione polacca», si legge nel messaggio di Meloni. Bakiewicz ci ha tenuto a ringraziarla con un tweet ripreso nei giorni scorsi anche dall’agenzia di stampa polacca Pap: «Spero che ci ritroveremo l’anno prossimo».

Tutto in regola ancora una volta, complice una sentenza in aula resa possibile grazie all’iniziativa del «superministro alla giustizia» e procuratore generale Zbigniew Ziobro di Solidarna Polska (Polonia Solidale), il quale ha anche preso parte a titolo personale al corteo. Così come il falco del Pis ed ex ministro della difesa Antoni Macierewicz, uno dei principali fautori della teoria del complotto sul disastro aereo di Smolensk.

Il via libera all’evento è poi arrivato grazie a una sentenza di una sempre più politicizzata Corte suprema, composta anche dai cosiddetti «nuovi giudici» nominati negli ultimi anni dal Consiglio nazionale della magistratura (Krs), eletto a maggioranza dai deputati del Sejm, la camera bassa del parlamento polacco. Come di consueto, le frange nazionaliste radicali e sovraniste si ritrovate nel primo pomeriggio nel centro di Varsavia presso la rotonda intitolata a Roman Dmowski, uno dei padri del nazionalismo polacco tardo-ottocentesco, quando il paese non era ancora riapparso sulla cartina politica dell’Europa.

«Nazione forte Grande Polonia» è lo slogan scelto quest’anno da Bakiewicz e soci per un evento che ha finito, come spesso è accaduto, per togliere visibilità alle tante famiglie scese in piazza in tutto il paese, canzoniere alla mano, per celebrare l’indipendenza della Polonia con canti patriottici ma senza fare politica. Il corteo dell’indipendenza ha poi ripreso la sua marcia quasi in linea retta verso l’altra sponda della Vistola in direzione dello stadio nazionale.

«Vogliono che la Polonia diventi Eurolandia in un continente governato dai tedeschi. Altri invece sognano un protettorato americano o russo. E poi ci sono quelli che desiderano una federazione polacco-ucraina, l’ennesima utopia», l’ha messa così Robert Winnicki, parlamentare dell’estrema destra di Ruch Narodowy (Movimento Nazionale). Più a sudovest, nella città di Breslavia, il motto del corteo guidato dall’ex prete antisemita Jacek Miedlar – fermato dalla polizia prima della marcia svoltasi poi nel tardo pomeriggio – era: «Stop all’ucrainizzazione della Polonia».

Certo alle contromanifestazioni organizzate in tutto il paese dal Comitato per la Difesa della Democrazia (Kod), un movimento civico attivo in tutto il paese, c’era anche chi ha cantato l’inno nazionale ucraino a ridosso di quello polacco. Eppure già si intravedono le prime avvisaglie di una crescente ucrainofobia, almeno tra eletti ed elettori dell’ultradestra.

Ma non tutti la pensano in questo modo: «Essere patriottici oggi significa inseguire una posizione forte della Polonia nell’Ue e sostenere gli ucraini», ha commentato invece il sindaco liberale di Varsavia Rafał Trzaskowski, sconfitto per poco più di un soffio dal Pis alle elezioni presidenziali del 2020.