La recente uccisione di Kamil, un bambino di otto anni, per mano del patrigno, ha portato il primo ministro polacco Mateusz Morawiecki a riaprire il dibattito sulla reintroduzione della pena capitale. 

Il tragico episodio risale all’inizio di maggio ed è avvenuto nell’Alta Slesia. Morawiecki si è espresso a caldo sul fatto affermando via Twitter di essere “favorevole al ripristino della pena di morte per i criminali più brutali”. Ha quindi aggiunto che occorrerebbe introdurre pene molto severe per “i mostri che con premeditazione distruggono la vita dei bambini”.

Non è la prima volta che il premier polacco esterna posizioni favorevoli alla pena capitale e anche se il portavoce del governo Piotr Müller si è affrettato a spiegare che Morawiecki ha solo espresso un parere sul tema e che il ritorno della pena di morte non è nei piani di Diritto e Giustizia (PiS, Prawo i Sprawiedliwość), partito guida dell’esecutivo, c’è un aspetto che va preso in considerazione: si tratta del fatto che il premier avrebbe chiesto al ministro della Giustizia Zbigniew Ziobro di presentare emendamenti al Codice Penale. Oltre a guidare il dicastero in questione, Ziobro è il leader del partito ultraconservatore Polonia Solidale (SP, Solidarna Polska) che è in coalizione di governo col PiS, anch’esso, notoriamente soggetto ultraconservatore e ultraclericale. Avrebbero espresso posizioni analoghe il viceministro della Giustizia Marcin Warchoł e la ministra della Famiglia e delle Politiche Sociali Marlena Malag. Le argomentazioni sono che la pena capitale è un deterrente efficace contro i reati più gravi e che per questi ultimi non bastano certe misure troppo blande. 

E i polacchi che ne pensano? Un recente sondaggio realizzato da United Surveys per Wirtualna Polska ha messo in luce il fatto che oltre la metà di loro condivide il punto di vista del primo ministro. Non si tratta, però, di una maggioranza schiacciante come mostrano i seguenti dati: il 48,3%  concorda con Morawiecki mentre il 46,3% ha espresso un parere contrario alla reintroduzione della pena capitale. Se poi consideriamo le risposte ai quesiti del sondaggio con le propensioni politiche vediamo che il 76% di coloro i quali sostengono il governo condivide la posizione di Morawiecki, mentre il 65% dei sostenitori dell’opposizione è di parere opposto.  

Non una maggioranza netta, si diceva, ma il dato ottenuto è tutt’altro che confortante.

In Polonia la condanna a morte è stata abolita nel 1993, all’epoca in cui il governo aveva deciso di firmare la Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Gli anni Novanta hanno visto il paese impegnato nel processo di adesione alla Nato e all’Unione europea fatto, quest’ultimo, avvenuto il primo maggio del 2004. Da allora la Polonia è parte di una comunità di stati che ripudia il ricorso alla pena capitale e riaprire il dibattito su questo argomento sarebbe in aperta contraddizione con i principi affermati dall’Ue. 

Il PiS governa dal 2015, è nettamente contrario all’aborto, come del resto anche Polonia Solidale ma, come abbiamo visto, le loro posizioni pro-life si fermano di fronte al tema della somministrazione delle pene. Ciò che è avvenuto è senz’altro terribile ma è lecito chiedersi se si debba aggiungere dell’altro orrore, come quello del ritorno del patibolo – e di tutto ciò che ruota intorno a tale pratica – in barba a tanto cammino fatto per una crescita civile che ci consenta di amministrare la giustizia in modo fermo ma, appunto, civilmente accettabile. In casi come quello cui è dedicato questo articolo c’è sempre o, per lo meno spesso, il rischio delle derive securitarie e della strumentalizzazione a sfondo politico di fatti gravi, di episodi capaci di sollevare paura, indignazione, emozione presso l’opinione pubblica. 

Come già precisato, Morawiecki non è nuovo a questo genere di esternazioni. A gennaio scorso Giuseppe Sedia scriveva sul Manifesto delle propensioni del premier polacco per il ripristino della pena capitale e riportava la seguente dichiarazione:  «Ritengo che bisognerebbe tornare a riflettere sulla pena di morte e non essere impulsivi come nel mondo di oggi nel volerla eliminare rapidamente. Secondo me per i reati più gravi dovrebbe essere consentita»,  così aveva dichiarato il medesimo in un post su Facebook. Inutile dire che da parte nostra l’invito a una riflessione sulla pena di morte è di tutt’altro tipo.