«Terremo a breve un referendum sull’immigrazione, probabilmente sarà nello stesso giorno delle elezioni», ha dichiarato il primo ministro Mateusz Morawiecki a margine del suo incontro con Giorgia Meloni ieri a Varsavia.

Lo spauracchio dell’immigrazione è l’argomento principale che i Conservatori e riformisti europei lanciano sulle elezioni per l’Europarlamento di giugno dell’anno prossimo e che il premier polacco cavalca in casa in vista delle parlamentari, che saranno tra ottobre e novembre, seguite dalle amministrative della primavera 2024.

L’ARGOMENTO ha tenuto banco ieri nei colloqui tra Morawiecki, espressione della destra populista di Diritto e giustizia (Pis) e la premier italiana, tra i viali intorno al Palazzo sull’acqua del Parco Łazienki di Varsavia. La fortificazione dei confini è destinata a diventare un tema caldo durante le presidenze di turno dell’Ungheria e della Polonia che si avvicenderanno alla guida del Consiglio Ue nei due semestri a cavallo tra il 2024 e il 2025.

In materia di politica migratoria il governo polacco continua a usare due pesi e due misure: da un lato, l’accoglienza quasi sempre a braccia aperte degli immigrati ucraini in fuga dal proprio paese in guerra; dall’altro, i profughi africani, mediorientali e del subcontinente indiano, respinti sistematicamente verso il confine bielorusso senza la possibilità di fare domanda d’asilo al loro arrivo in Polonia.

SUL FRONTE INTERNO, intanto, il partito fondato dai fratelli Kaczynski è alla ricerca di un’arma di distrazione di massa per far dimenticare ai suoi elettori e potenziali votanti le défaillance degli ultimi mesi. La lista sta diventando sempre più lunga.

Si prenda ad esempio il fallimento delle politiche familiari. Il Pis sperava che i 500 złoty (110 euro circa) assegnati da qualche anno alle famiglie per ogni figlio sarebbero bastati a incentivare la crescita demografica. Ma la messa al bando dell’aborto terapeutico, sancita da una sentenza choc del filo-governativo Tribunale costituzionale del 22 ottobre 2020, sta scoraggiando molte polacche a desiderare una gravidanza.

Di un certo rilievo anche la questione delle risorse Ue del Recovery Fund, la cui erogazione resta bloccata per il Paese sulla Vistola a causa dei dissidi tra Varsavia e Bruxelles su giustizia e stato diritto che vanno avanti ormai da due governi a guida Pis.

Come se non bastasse, nel Rapporto 2023 sullo Stato di diritto, adottato ieri dall’Esecutivo Ue, la Commissione europea ha espresso «gravi preoccupazioni» legate all’indipendenza del Consiglio nazionale della magistratura (Krs), e «seri dubbi sulla conformità di alcuni giudici della Corte Suprema con il requisito di un tribunale istituito per legge».

NEGLI ULTIMI MESI il governo ha creduto più di una volta di aver in mano la carta vincente per sbaragliare l’opposizione. Sembrava dovesse funzionare il collante offerto dalla difesa del buon nome di Giovanni Paolo II – definito dallo stesso Morawiecki «il più grande polacco di sempre» – il quale avrebbe nascosto diversi episodi di pedofilia quando era arcivescovo di Cracovia.

Il Pis ha poi voluto rilanciare alla fine di maggio facendo approvare una legge per la creazione di una commissione chiamata a indagare le presunte influenze di Mosca nella vita politica della Polonia negli anni precedenti la salita al potere del partito dei fratelli Kaczynski nel 2015. Bollata dall’opposizione e dall’elettorato liberale come una caccia alla streghe, la cosiddetta «Lex Tusk» (dal nome dell’ex premier polacco ed ex presidente del Consiglio europeo Donald Tusk) ha portato in piazza centinaia di migliaia di persone il mese scorso contribuendo in questo modo a cementificare il trend di un sentimento anti-Pis in crescita costante. Da lì l’idea del numero uno del partito, Jarosław Kaczynski, di mobilitare il proprio elettorato con un referendum sull’immigrazione.

A dire il vero, il Pis è incalzato ancora più a destra dello scacchiere politico dagli euroscettici ultranazionalisti di Konfederacja (Confederazione) che promuovono tra gli elettori indecisi, per bocca del leader Sławomir Mentzen, un modello di felicità basato sul pagare meno tasse, due auto per famiglia e tante grigliate.

Eppure, per l’opposizione la strada che porta alle urne si presenta tutt’altro che in discesa.

Secondo un sondaggio di Kantar Public del mese scorso, è soltanto unendo le forze che il centrodestra di Piattaforma civica (Po) di Tusk, i partiti di sinistra e le altre forze politiche del paese, possono sperare di sconfiggere il Pis in autunno.

La scelta, da parte delle «magliette gialle» dei ruralisti democristiani del Partito Popolare Polacco (Psl) e di Polonia 2050 del giornalista Szymon Hołownia, di presentarsi insieme come una «terza strada» alle urne rischia di consegnare il paese al Pis e ai suoi alleati almeno per altri 4 anni.