L’impegno dell’attuale primo ministro polacco Donald Tusk per ricucire i rapporti tra Varsavia e Bruxelles sembra andare nella direzione giusta. Se ne ha tutta l’impressione se è vero che la Commissione europea ha dato il via libera allo sblocco dei fondi prima congelati per le violazioni sullo Stato di diritto da parte del governo del PiS (Diritto e Giustizia) che è stato al potere dal 2015 al 2023. Si tratta del flusso dei finanziamenti europei provenienti dal Next Generation Europe e dalla politica di Coesione per un valore complessivo di 137 miliardi di euro.

Proprio giovedì 29 febbraio la Commissione ha adottato due atti giuridici che avvicinano Varsavia all’ottenimento di questi fondi. Subito dopo le elezioni, Tusk, all’epoca non ancora primo ministro, si era recato a Bruxelles per iniziare concretamente a ricucire lo strappo provocato dal precedente esecutivo e lavorare allo sblocco dei finanziamenti da spendere, diceva Tusk, entro la fine del 2026. Il 29 febbraio scorso è stata quindi una giornata importante per il nuovo governo polacco e per chi crede in questo nuovo corso. Così Tusk, nell’occasione, come ha scritto Giuseppe Sedia da Varsavia nell’articolo dedicato all’argomento (https://ilmanifesto.it/la-commissione-ue-sblocca-i-fondi-per-la-polonia) ha rivolto un pensiero alle sue connazionali e ai suoi connazionali che “hanno scelto nuovamente democrazia e stato di diritto il 15 ottobre”.

Tutto bene, quindi? Da questo punto di vista sì, almeno pare. Non bisogna, però, dimenticare che l’attuale premier ha il suo da fare, e non poco, con i colpi di coda di quanti hanno detenuto il potere fino all’autunno scorso in modo autoritario e ultraconservatore.

Di quanti, cioè, che negli anni del loro governo hanno infilato i loro fedelissimi in posti influenti presso commissioni e istituzioni; senza contare che il presidente Duda, esponente del PiS, è e continuerà presumibilmente ad essere un osso duro per Tusk e per i suoi.
Un esempio recente è rappresentato dall’accusa di Diritto e Giustizia al governo di aver preso con la forza il controllo della procura generale. Più nel dettaglio, secondo il presidente del PiS, Jarosław Kaczyński, l’attuale ministro della Giustizia avrebbe dato luogo a una sorta di “golpe strisciante”.

La disputa su questo e su altri punti era nell’aria. D’altra parte, subito dopo il suo insediamento, l’esecutivo liberale di Donald Tusk si è da subito dato da fare per cancellare i provvedimenti entrati in vigore nel corso delle legislature precedenti guidate dal PiS. Lo ha fatto impegnandosi in modo particolare nei settori della giustizia e dei media; il tutto tra le accese proteste dell’opposizione.

Queste operazioni di bonifica vengono criticate pesantemente dagli oppositori di oggi e sono considerate antidemocratiche proprio dal partito di Kaczyński, anche se quest’ultima cosa fa un po’ sorridere. Più precisamente, Arkadiusz Mularczyk, parlamentare del PiS, membro della Camera dei deputati dal 2005, ha invitato la popolazione a considerare attentamente che quello che sta facendo il governo liberale di Donald Tusk è sinonimo di illegalità pura, tirannia e di regime autoritario.

Il governo Tusk ha risposto per le rime e fatto riferimento alla sospensione dello Stato di diritto durante gli anni del PiS al potere. Il ministro della Giustizia e procuratore generale Adam Bodnar ha detto che farà tutto ciò che è in suo potere per garantire una procura al servizio dei cittadini e il rispetto dello Stato di diritto. La maggior parte delle riforme attuate in ambito giuridico ha avuto luogo sotto la responsabilità diretta di Bodnar e, secondo l’esecutivo, sono necessarie per depoliticizzare le istituzioni preposte all’applicazione delle leggi e garantire il loro corretto funzionamento al servizio della cittadinanza. D’altra parte, una delle riforme che all’opposizione non vanno proprio giù è quella ideata per separare di nuovo la funzione di ministro della Giustizia da quella di procuratore generale per ottenere che la procura sia un organo del tutto autonomo.

Insomma, il governo Tusk sta cercando di riportare il paese su un percorso di condivisione e collaborazione proficua con Bruxelles dopo i lunghi conflitti degli anni precedenti.

Il governo di Diritto e Giustizia aveva attuato politiche tali da non garantire l’autonomia del settore giudiziario, ma caso mai la sua dipendenza dal potere. Questo aveva contribuito in modo determinante al congelamento dei fondi Ue spettanti a Varsavia. Se ora i nodi tra questa e Bruxelles si stanno sciogliendo, in Polonia, la vita politica continua a svolgersi complicata, tra veleni e accuse che probabilmente dovremo raccontare a lungo.